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τούτο προσπάθησε τουλάχιστον όσο μπορείς:
Μη την εξευτελίζεις.

Παρασκευή 30 Νοεμβρίου 2012

KHARON (Χάρων)... CARONTE......

CARONTE...
...IL NOCCHIERE
       
             Portitor has horrendus aquas et flumina servat
                terribili squalore Charon, cui plurima mento


 canities inculta iacet, stant lumina flamma,

   sordidus ex umeris nodo dependet amictus...

 ENEIDE



Un bagliore, una folgorazione... un sussulto... la prima volta che incontrai Caronte... lui è il motivo per la quale amo l'Inferno di Dante... il "nocchiere", mi ha completamente assorbito, stregato... per lui... conosco le terzine dell' Inferno a memoria... sono entrate così... nella mia mente e non mi hanno più abbandonato...
La Divina Commedia è stata scritta da Dante negli anni dell’esilio. E’ costituita da 100 canti e tre cantiche (1° introduzione + 33 = Inferno; 33 Purgatorio; 33 Paradiso). L’inferno è la Prima Cantica... è scritto tutto in versi endecasillabi rispettando la terza rima ed è rispettata la sibologia del 3... tutta Divina Commedia è costruita in base al tema del viaggio... che Dante immagina di fare sui mondi ultraterreni.





L’inferno si è formato dopo la cacciata degli angeli ribelli scagliati contro la terra,che per disgusto si è ritratta e ha formato la montagna del Purgatorio. Gerusalemme è il simbolo della Cristianità. Dante non sa capacitarsi di trovarsi nella selva, sotto cui si trova la porta dell’Inferno. La partizione dell’Inferno è in cerchi... il Purgatorio in cornici... il Paradiso in Cieli.
L’inferno vero e proprio è delimitato dal fiume Acheronte e prima del fiume Dante colloca l’ anti- inferno dove ci sono coloro che hanno peccato di IGNAVIA... ossia coloro che non sono mai stati in grado durante la vita... di prendere una decisione né benevola né maligna... infatti questi ignavi rincorrono un partito unico. Il fiume Acheronte ha come “guardiano” Caronte. Passato l’Acheronte si arriva nel Limbo, ma non è un vero cerchio (si trovano coloro che sono nati prima di Cristo e i non battezzati). Nel primo cerchio troviamo i LUSSURIOSI (coloro che sono dediti alle passioni sessuali), i GOLOSI (coloro che peccano di gola e in generale), gli AVARI e i PRODIGHI (coloro che sono tirchi e spendaccioni...? prodigo in senso dispregiativo), gli IRACONDI (coloro che si alterano facilmente) e gli ACCIDIOSI (coloro che sono pigri fino allo stremo... in termine cristiano... non operano bene); si trovano nella PALUDE STIGIA. La città di Dite è la città di Lucifero. “Dite” è un epiteto per indicare Plutone, dio degli Inferi pagano. Si arriva poi a delle fosse (o bolgie) dette MALEBOLGIE. Il nono cerchio è diviso in quattro zone, immerso nel Cocito, lago ghiacciato. Nelle tre bocche di Lucifero ci sono i tre personaggi peggiori tra i peccatori: Bruto, Cassio e Giuda (Cesaricidi e traditore di Cristo). I tre sesti canti della Commedia sono quelli politici.




Ma... al terzo canto entra in scena lui... CARONTE


"Di qui comincia la via che porta alle onde del Tartareo Acheronte, qui un gorgo torbido di fango ribolle in una vasta voragine ed erutta tutta la sua melma nel Cocito. Queste acque e i fiumi custodisce Caronte, orrendo nocchiero nella sua terribile asprezza, che porta sul mento una folta e incolta barba bianca, stanno fissi gli occhi fiammeggianti e un sordido mantello gli pende dalle spalle legato con un nodo. Egli stesso spinge la barca con un palo, la governa colle vele e traghetta sulla navicella di cupo colore, ormai vecchio, ma per il dio quella vecchiaia è ancor fresca e verde. Qui, sparsa sulle rive, si precipitava tutta la turba, madri e uomini e corpi privati della vita di magnanimi eroi, fanciulli e nubili fanciulle e giovani posti sui roghi sotto gli occhi dei genitori: come numerose nelle selve cadono le foglie staccandosi al primo freddo dell'autunno, o come numerosi gli uccelli si rifugiano sulla terra venendo dall'alto mare quando la fredda stagione li mette in fuga dai luoghi posti oltre il mare e li sospinge verso terre assolate. Le anime stavano ferme e pregavano di compiere per prime il tragitto e tendevano le mani per il desiderio della riva opposta. Ma l'iracondo aspro nocchiero accoglie ora queste ora quelle e scaccia gli altri, sospinti lontano dalla riva"... 
CHE MERAVIGLIA...


    
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
                     gridando: «Guai a voi, anime prave!
  Non insperate mai veder lo cielo:
i' vengo per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre eterne, in caldo e 'n gelo.
  E tu che se' costi, anima viva,
partiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch'io non mi partiva,
  disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
  E 'l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».
  Quinci fuor quiete le lanose gote
al nocchie de la livida palude,
che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote.
  Ma quel' anime, ch'era lasse e nude,
cangiar colore e dibatterò i denti,
ratto che intesser le parole crude.
  Bestemmiavano Dio e lor parenti,
l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l seme
di lor semenza e di lor nascimenti.
  Poi si ritrasser tutte quante insieme,
forte piangendo, a la riva malvagia
c'attende ciascun umo che Dio non teme.
  Caron demonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s'adagia.
  Come d'autunno si leva le foglie
l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie,
  similmente il mal seme d'Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo.
  Così sen vanno su per l'onda bruna,
e avanti che sien di là discese.
  «Figliuol mio», disse 'l maestro cortese,
«quelli che muoion ne l'ira di Dio
tutti convegnon qui d'ogne paese;
  e pronti sono a trapassar lo rio,
ché la divina giustizia li sprona,
sì che la tema si volve in disio.
  Quinci non passa mai anima buona;
e però, se Caron di te si lagna,
ben puoi sapere omai che 'l suo dir suona».
  Finito questo, la buia campagna
tremò sì forte, che de lo spavento
la mente di sudore ancor mi bagna.
 La terra lacrimosa diede vento,
che balenò una luce vermiglia
la qual mi vinse ciascun sentimento;
  e caddi come l' uomo cui sonno piglia.

La figura di Caronte mi ha sempre affascinato. "Nocchier de la livida palude"... nella mitologia greca (Virgilio) e ripreso poi da Dante nella Divina Commedia... è colui che trasporta le anime dalla terra dei vivi fino all'Ade attraverso lo Stige (secondo l'Eneide) o l'Acheronte (secondo la Divina Commedia). Vecchio barbuto, "bianco per antico pelo", colpisce chi cerca di fuggire dalla sua barca, riscuotendo due monete d'oro per ogni anima traghettata... Dante rappresenta il traghettatore infernale come un vecchio, con capelli e barba lunga e bianca... occhi infuocati come quelli di un demonio severo che colpisce chi tarda a salire sulla sua nave... il suo ruolo era proprio quello di trasportare le anime dei malvagi da una riva all'altra del fiume Acheronte, dietro il pagamento di un pedaggio... questo fatto mi riporta ad un'altra tradizione greca: secondo i Greci, infatti, ogni morto doveva essere sepolto con un obolo (una moneta greca) sotto la lingua oppure due monete sugli occhi.

Queste monete servivano al defunto proprio per pagare il pedaggio a Caronte ed essere così traghettati sull'altra sponda del fiume. In caso contrario (cioè se non avessero avuto con le monete) erano condannati a vagare senza pace nel regno dei morti.
Nella mitologia greca, Caronte o Kharon  "ferocia illuminata" è il traghettatore dell' Ade. Sulla sua barca trasporta le anime attraverso l'Acheronte, il fiume che divide il mondo dei vivi da quello dei morti.
Figlio di Erebo (personificazione della notte nel mondo infernale) e della sorella Notte (personificazione della notte terrestre), il nocchiero è disposto ad accogliere sulla sua barca solo le anime che hanno un tributo da rendergli: da qui l'usanza (anche questa trasversale a molte religioni) di lasciare, nel ricomporre il corpo del defunto, un obolo sotto la lingua o due monete appoggiate sugli occhi.
Per le anime che non possano pagare il tributo solo un Limbo eterno e una via di mezzo tra la vita e la non-vita.




Le due opere letterarie più significative in cui si incontra la figura di Caronte sono l'Eneide di Virgilio e la Divina Commedia di Dante Alighieri.



Questo personaggio mitologico viene incontrato anche da Enea nell' Ade (uno dei tanti nomi con cui viene definito il regno dei morti)
(Virgilio Eneide Libro VI, vv. 385-391)

Quando il barcaiolo dall' onda stigia li scorse avviarsi
di lì per il bosco silente e rivolgere il passo alla riva,
per primo li apostrofa così, e li rampogna:
Chiunque tu sia che ti dirigi armato al nostro fiume,
di' perché vieni, di lì, e ferma il passo.
Questo è il luogo delle Ombre, del Sonno e della soporifera Notte;
il battello stigio non può trasportare viventi..

Secondo Virgilio, Caronte è un vecchio barbuto ed emaciato con "gli occhi di fiamma" che spinge la barca con una pertica... il compito di Caronte virgiliano, figura crudele e demoniaca, è quello di traghettare le anime da una riva all’altra del fiume Acheronte, ma solo quelle debitamente sepolte possono riposare in pace, le altre si riversano sulla riva come stanche foglie d’autunno. A loro, ai dannati, a coloro che soffrono nel Tartaro e a tutte le persone che conosce va l’attenzione del protagonista.
Così osserva Ludovico Geymonat, riferendosi all’esperienza di Enea nel regno dei morti... "A questo libro Virgilio deve la sua fama di negromante, di sapiente e di uomo capace di evocare gli spiriti e gli spettri dei morti per divinare il futuro. E’ una fama che lo accompagnerà per tutto il Medioevo e che lo farà compagno e guida nelle prime due cantiche della Divina Commedia".
In Dante, invece, assume una connotazione meno neutrale e più "schierata". Il Caronte dantesco, infatti, sgrida le anime ("Guai a voi, anime prave!", Canto III dell'Inferno, v. 84) fino ad arrivare a picchiare con un remo coloro che si attardano sulla riva ("...loro accennando, tutte le raccoglie... batte col remo qualunque s’adagia" Canto III dell'Inferno v. 110-111”). Ci accorgiamo, allora, che Caronte è mutevole nella sua rappresentazione iconografica... da semplice traghettatore, diventa, nell'accezione cristiana di cui il Poema è intriso, un essere furioso che per prima cosa odia sé stesso e che, di riflesso...... odia coloro che accompagna, destinati ad avere una collocazione nel grande disegno divino.



Caratteristica comune sono, tuttavia, gli occhi... quelli di Caronte sono sempre feroci, lampeggianti, febbrili, di un colore tra il blu e il grigio (qualcuno sostiene siano gli specchi del suo compito: né chiari, figli della bellezza di Dio, né neri, rappresentativi del colore della Morte e del Diavolo).
Ci si potrebbe chiedere se Caronte abbia mai traghettato dei vivi... in effetti alcuni sono riusciti a passare oltre il fiume e, in alcuni casi, persino a tornare... si tratta di eroi (Enea, Teseo,  Eracle e Odisseo), divinità (Persefone), dell'indovino Orfeo, della Sibilla Cumana Deifobe, di Psiche che, pur vivendo, dovette pagare due volte (l’andata e il ritorno) per entrare nel palazzo di Persefone, in nome di Venere, come racconta Apuleio nelle Metamorfosi... e di due insospettabili: San Paolo e lo stesso Dante Alighieri.

Omero ed Esiodo non fanno alcun riferimento al personaggio come traghettatore infernale. La prima menzione di Caronte nella letteratura greca sembra essere in una poesia, come citato da Pausania. Secondo Diodoro Siculo, la poesia che da il là alla leggenda di Caronte è di origine egiziana. Gli Etruschi hanno anche fatto menzione di Caronte (Charun) che accompagnava Marte sul campo di battaglia.

Caronte, come Minosse, Cerbero, Gerione e Plutone e Flegias, è uno dei demoni pagani passati nell'inferno cristiano di Dante e collocati poi come guardiani dei vari cerchi, dopo essere stati trasformati in esseri demoniaci sulla traccia dell'interpretazione, figurale dei Padri della Chiesa, concludendo, così, il processo di assimilazione della cultura classica, iniziato fin dalle origini del cristianesimo.La classica prosopopea di Caronte navalestro, nel passato, era tanto radicata nel nostro popolo, da richiedere l'intervento di superiori autorità ecclesiastiche. Era opinione diffusa che Caronte, nocchiero dello Stige, ghermisse per i capelli la sua vittima. Già nel 1620 era stato emanato un significativo decreto dell'Arcivescovo di Otranto che vietava ai fedeli, sotto pena di scomunica, e di altra pena per i parroci, di porre monete nella bocca dei morti, di recidere le trecce alle donne e di porre pure in mano ai morti qualsiasi oggetto che sapesse di superstizione. La moneta, secondo quanto è dato sapere, serviva per Caronte, che traghettava l'anima sull'altra sponda. Il taglio dei capelli alle donne sembra riferirsi al modo solito di Caronte di acciuffare per i capelli la vittima...

In chiave moderna, il noto psichiatra e psicoanalista Carl Gustav Jung ha riformulato il concetto di psicopompo e la figura mitologica Caronte. Il nocchiero di anime diviene, addirittura, l’ Animus (archetipo del maschile nella psiche della donna, contrapposto all'Anima archetipo del femminile nell'uomo), figura centrale della sue teorie psicanalitiche, e mediatore tra conscio e inconscio.
In molte culture, lo sciamano svolge anche il ruolo di Caronte il quale, tuttavia, non solo accompagna l'anima dei morti, ma anche viceversa: per favorire la nascita, per introdurre l'anima del neonato al mondo. Non più, quindi una figura che spinge le anime a colpi di remo per lasciare il corpo mortale, ma qualcuno che aiuta la vita, invogliando l'anima raminga a indossare un nuovo corpo.

CARONTE - CATONE
Durante il suo viaggio Dante incontra due personaggi particolarmente significativi, l'uno guardiano dell'inferno, l'altro custode del purgatorio.  Giunto nell'uniforme e tetra oscurità del paesaggio infernale fatto di rocce ferrigne e acque fangose, Dante incontra Caronte, divinità ctonia che ha il compito di traghettare le anime sull'altra riva del fiume Acheronte. E' evidente da subito il contrasto con il purgatorio, in cui si trova invece Catone, il cui paesaggio vede la riscoperta dei colori per merito della luce e una nota di azzurro che tinge il cielo ritrovato. I due personaggi si differenziano fin dal loro ingresso: Caronte infatti entra sulla scena in maniera irruenta e inattesa, colto mentre traghetta i morti manovrando la barca ferrigna con un'asta mentre Catone viene colto in una posa statuaria e sacrale, avvolto in una barba bianca che lo rende venerando. Questo elemento è forse l'unico che che accomuna le due descrizioni, le quali tra l'altro avvengono in due momenti differenti. Caronte viene descritto subito dopo il suo ingresso; egli presenta una lunga barba bianca, gli occhi come fiamme e un lurido mantello che gli pende dalle spalle. Alle sue caratteristiche fisiche demoniache si unisce anche una gestualità minacciosa e invettive gridate. Catone invece viene descritto solo in seguito; Dante infatti mette dapprima in risalto il suo rispetto per il personaggio, paragonabile a quello di un figlio nei confronti del padre. Nel volto del guardiano del purgatorio risplende la luce delle quattro stelle rappresentanti le quattro virtù cardinali, con evidente significazione simbolica di uomo dalle salde virtù. Le immagini che ci vengono presentate sottolineano oltre alle caratteristiche fisiche dei due personaggi anche le qualità morali: Caronte è un personaggio sinistro, che incute timore e oscuro come il paesaggio che lo circonda il quale lo rende una figura ancora più drammatica e dinamica; in lui compare una forte energia interiore e volontà di dominio, oltrechè un'inclinazione all'ira; egli costituisce dunque una personificazione del demonio. Catone invece presenta un aspetto severo, austero e composto e rappresenta l'uomo nella sua vicenda eterna, portatore di libertà morale. E' evidente dunque il contrasto tra l'immagine rude del nocchiero infernale da quella solenne del custode del purgatorio. Importante risulta poi il loro dialogo con Dante e Virgilio... al cospetto del guardiano dell'inferno, Dante non proferisce parola, lasciando alla sua guida il compito di rispondere alle sue invettive... Catone invece si rivolge ai due viaggiatori in modo garbato ma con una certa severità per il consueto equivoco di scambiarli per dannati. 



Nel Canto III dell'Inferno Dante appare... come uno scolaretto che deve imparare l' abc della dottrina cattolico-romana... sull'aldilà e paradossalmente il suo maestro è il pagano Virgilio (simbolo della Ragione).
L'Inferno bagnato da tre fiumi del tempo: Acheronte, Stige e Flegetonte... che pur avendo nomi diversi, è sempre lo stesso... scaturisce dalla stessa sorgente, la statua tetrametallica con il piede d'argilla, conservata nella grotta di Creta, che "Roma guarda come suo speglio - specchio", cambia nome durante il suo percorso per poi stagnarsi nel lago Cocito, nell'Abisso, dove risiede seduto Satana... il cui pozzo è cinto da mura la cui circonferenza indica quella di Roma.
Se noi non riusciamo a leggere la Divina Commedia e in particolare l'Inferno... come il tentativo di umanizzare la vita religiosa, pur restando nei limiti imposti dalla cultura dominante... Dante non ci sembrerà ancora moderno ma incredibilmente superato. Si pensi solo al fatto che se è vero che Dante rivalutò il Virgilio umano e razionale... pur presentandocelo come un cristiano ante-litteram... è anche vero che tale riscoperta anticipava quella, chiaramente molto più laica, che di Virgilio sarebbe avvenuta in epoca umanistica. L'Inferno dantesco è quindi l'Italia piegata sotto la dominazione pontificia del tempo di Dante... riproposta in tutti gli episodi in esso descritti. La discesa nel tormentoso abisso raffigura il suo penoso errare per l'Italia... simile in tutto ad un Inferno. In quel tempo si credeva che i condannati all'esilio in Italia fossero nell' Inferno...
 In forma evidente il Poema presenta un continuo passare dalle ombre che sono nell'Inferno, Purgatorio e Paradiso alla realtà di coloro che vivono sulla terra. Le due situazioni... oltretomba e vita italiana sono tra loro collegate, perché il passato è legato al presente... e il presente lo si comprende bene se si conoscono le sue radici...
Possiamo riassumere in qualche riga la trilogia dantesca: 



l'Inferno è il tempo presente,nostra vita , è l'Italia con le sue miserie intollerabili sotto il giogo sacerdotale di Roma.
Raffigura la società contemporanea. Ciò ci sembra dimostrato anche dalle descrizioni della città di Dite... che tanto assomiglia alla Firenze guelfa e quanto è detto è in relazione agli eventi avvenuti passati e presenti della città.





Il Purgatorio, è la via della liberazione, cioè l'antagonismo tra verità ed errore, raffigurati della donna santa Beatrice e della chiesa prostituta... è il periodo delle prove indispensabili da attraversare, affinché la città celeste, la chiesa dell'amore, donna Maria, abbia a manifestarsi gloriosa perché agli antipodi della città terrestre, della chiesa di odio, destinata a cancellarsi sotto dei raggi di luce, assorbita da donna Lucia... da Lux , luce, è rivelazione dall'alto, guida, protezione dell'iniziato.   



Il Paradiso infine, è il trionfo dopo la lotta e le sue angosce... è donna Maria vittoriosa della sua formidabile rivale. Si costituirà una specie di "Atene celeste dove, grazie alle tre virtù teologali e alla Gaia scienza, le tre virtù e l'arte della verità eterna, filosoficheranno d'accordo, animate d'uno stesso volere, concordevolmente , le tre scuole insegnando uno stesso credo, scuole designate sotto i nomi di stoici, di pitagorici, di epicurei"... Atene, città del sapere, della filosofia, della comprensione delle cose, è in opposizione a Roma dove regna l'ignoranza e l'autoritarismo...

Ma esiste veramente l' inferno?
E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavano ritti davanti a Dio, e i libri furono aperti; e fu aperto un altro libro che è il Libro della Vita; e i morti furono giudicati in base alle cose scritte nei libri secondo le loro opere. E il mare restituì i morti che erano in esso, la Morte e Hades restituirono i morti che erano in loro, ed essi furono giudicati, ciascuno secondo le sue opere. Poi la morte e l' Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda. E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco.
        —Apocalisse 20:12-15


Sono tanti oggi, anche tra fedeli che frequentano la Chiesa e Sacramenti, a negare l'esistenza dell'inferno. A parte ogni altra motivazione, sembra impossibile che Dio, infinitamente buono e misericordioso, possa e voglia condannare inesorabilmente e per sempre a un supplizio eterno che nessun' immagine o parola può descrivere...


CARONTE NEL MONDO D'OGGI

Chi avrà il compito di traghettare le anime oltre il confine con  i luoghi delle umane genti? E’ un punto di non ritorno ove l’estremo  viaggio avrà termine. Siamo spettatori di un cambiamento... o meglio, aneliamo ad esserlo nella certezza che non vengano tradite le nostre aspettative…
Ma chi farà da novello Caronte... a chi dunque il compito,  pensiamoci, perché questa volta non è consentito sbagliare, e soprattutto, il traghettatore deve prendere l'onere con la giusta solennità ...g
ià, perché di marinai, capitani di vascello e cose simili, ne è pieno il mondo moderno come antico, ma di speciali traghettatori, la storia rimanda ad un solo soggetto, pur di fantasia, ovvero Caronte  nel periglioso viaggio dantesco all’interno del pre-girone infernale... perché per assurdo, mancava proprio questo al buon vecchio Caronte: trapassavano anime impure a tal punto, da non aver passioni (stiamo pur sempre parlando degli ignavi, esseri fra i più inetti della terra, cosa di cui la terra , per retaggio storico, è piena zeppa, brulicante)... perché alle anime immonde mancava il corpo e, a completamento, quasi come se avessero imparato la lezione non appena visto l’inferno, mancavano anche delle loro passioni di cui, forse, erano pur sempre dotati in vita.
E allora, mi sono chiesta, perché, in questo mondo moderno, nessuno parla di questo mestiere?
In cosa potrebbe mai consistere un’attività di questo genere! Nulla di semplice, probabilmente. E perché mai non debba esser semplice lo testimoniano i mille e mille vizi e difetti dell’uomo.
Increscioso servilismo, nepotismo, sadismo,  fino a riempire una dozzina di pagine solo di “ismi” degni di ogni tempo e cultura. Perché la cultura occidentale, di “ismi”, ne è deliziosamente infarcita.
E allora che compito potrebbe mai avere questo fantomatico traghettatore vivo e vegeto?
Risvegliare l’uomo ricordandogli che è vivo, e che la parola “vivo” non significa sbuffare ossigeno dai polmoni e battiti di sangue dentro le arterie. No, signori! Nulla di tutto ciò.
Questa è solo una vita-fisica, quindi parziale. Il traghettatore prenderebbe l’individuo e, scuotendo alcuni cruciali punti del corpo (come da manuale cinese sull’agopuntura), infonderebbe, in particolare, passioni, pulsioni, dubbi, capacità di reazione, ottimismo e buona volontà nel trasformare problemi in opportunità e, dulcis in fundo, la libertà perduta... questo nuovo Caronte, spronerebbe le menti assopite proprio per evitare che il loro destino sia da “morti viventi”... anima e corpo, uniti dalla passione per il mondo circostante.
Ecco perché la differenza fra vivere e sopravvivere è sempre tutta un’altra storia...
Dopo aver condiviso il ruolo ed il profilo del “traghettatore”... troveremo mai dei candidati a questo difficile ruolo?


Ai posteri l’ardua sentenza.







4 σχόλια:

  1. Είπε ο Καρτέσιος:
    Το να διαβάζεις τα καλά βιβλία είναι σαν να συνδιαλέγεσαι με τους άριστους των περασμένων αιώνων.

    Λέω κι εγώ: Το να διαβάζεις τα καλά άρθρα είναι σαν να συνδιαλέγεσαι με τους άριστους των σημερινών καιρών.

    Και εσύ κ. Νάδια Μ. είσαι ένας από αυτούς.
    Συγχαρητήρια.

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  2. Una bella visuale la sua sig.Foivos Legrand......

    Grazie di cuore.

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  3. Πολύ δυνατό και σωστό και συστηματικό άρθρο Nadia M.
    Μου άρεσε από την αρχή.

    Ας πούμε μερικά για τον Αχέροντα, τον κεντρικό χώρο εργασίας του Χάροντα.
    Μέσα σε ένα τοπίο απέραντης γαλήνης και μοναδικού φυσικού κάλλους ρέει ο ποταμός της λύπης, ο Αχέρων, που κουβαλάει στα νερά του πλήθος των μυθολογικών αναφορών και πολλά μεταφυσικά ανεξήγητα.
    Συναντάται και με την ονομασία Μαυροπόταμος, επειδή σύμφωνα με την μυθολογία, οι Τιτάνες για να ξεδιψάσουν, ήπιαν νερό από τον Αχέροντα και ο Δίας θυμωμένος μαύρισε και πίκρανε τα νερά του. Ο ποταμός αυτός έχει βάλει την σφραγίδα του σε δύο (2) ιστορικές περιόδους και έχει συνδέσει το όνομά του με την διπλή υπόσταση του ανθρώπου. Την ύλη και την ψυχή, την ζωή και τον θάνατο.
    Στην νεώτερη ιστορία, τα νερά του έδιναν ζωή στους Σουλιώτες, ενώ κατά την αρχαιότητα ήταν ο προθάλαμος του Κάτω Κόσμου. Ήταν η τελευταία διαδρομή για τις ανθρώπινες ψυχές.

    Εκείνη την εποχή υπήρχαν τρία ποτάμια: ο Αχέροντας, ο ποταμός της θλίψης, ο Κωκυτός ή Μαύρος και ο Πυριφλεγέθων ή Βωβός, που ήταν και τόπος περιπάτου για τους νεκρούς. Οι τρεις ποταμοί σχημάτιζαν μια τεράστια ελώδη έκταση στις παρυφές μιας λίμνης, η οποία σε κάποια σημεία είχε αρκετό βάθος και σύμφωνα με τον Θουκυδίδη έφτανε μέχρι τη θάλασσα.

    Αυτή ήταν η λίμνη Αχερουσία. Είχε μυστικές σπηλιές και έλη καλυμμένα από την ομίχλη. Γνωστή και ως 'Αορνος λίμνη , δηλαδή λίμνη που αναδίδει δηλητηριώδεις αναθυμιάσεις, επικίνδυνες ακόμα και για τα πουλιά που πετούν από πάνω της, κάτι που πιθανόν οφειλόταν στα σαπισμένα φυτά μέσα στα έλη.
    Δικαίως, λοιπόν, οι ντόπιοι μιλούσαν με δέος για τη λίμνη, που αποτελούσε μέρος της διαδρομής για τον Κάτω Κόσμο. Ο ψυχοπομπός Ερμής πήγαινε τις ψυχές των νεκρών στον ποταμό Αχέροντα και τις παρέδιδε στον μακάβριο βαρκάρη, που δεν ήταν άλλος από τον Χάρο. Εκείνος, έναντι χρηματικής αμοιβής, διέπλεε τον ποταμό Αχέροντα και τη λίμνη Αχερουσία οδηγώντας τις ψυχές των νεκρών στον 'Αδη, το βασίλειο του Κάτω Κόσμου.
    Η είσοδος του φαραγγιού του Αχέροντα θεωρείτο η Πύλη του Άδη και κατά πολλούς τα έγκατα της λίμνης Αχερουσίας είναι ο Κάτω Κόσμος.
    Σήμερα, ο Αχέροντας συνεχίζει απτόητος το αέναο ταξίδι του προς τη θάλασσα..

    Με τους πιο σημαντικούς παγκόσμιους μύθους να ρέουν στα νερά του, αποτελεί σήμερα ένα τεράστιο πόλο έλξης, καθώς είναι ένας από τους πιο όμορφους ποταμούς με πλούσιο οικολογικό ενδιαφέρον.

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  4. Mrs. Ioli....GRAZIE.
    Grazie per aver ampliato e migliorato il mio piccolo articolo....
    con il suo commento.....
    questo io la chiamo condivisione...
    per ampliare la mente.....e il sapere......

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