RAVEL...
E IL SUO BOLERO...
(MUSICA E POSSESSIONE)
Composizione magica, sensuale, onirica, immaginifica... con un crescendo meravigliosamente ritmico ed ossessivo... richiama alla mente immagini disparate e fantasiose... ed ha il sapore di un amore mitologico...
...queste sono le parole che ho scritto sotto un post di Bolero con il balletto di Maya Plisetskaya... queste sono le sensazioni che da sempre provo al suo ascolto...
Bolero di Ravel, è una delle più celebri composizioni
del '900 e una delle poche musiche per grande orchestra sinfonica ad aver
conquistato una vera e generalizzata popolarità. La riflessione che segue e che
pone al centro proprio Bolero, mira a mettere in evidenza alcune
fondamentali difficoltà che sorgono quando si cerca di ragionare sul valore
della musica per l'uomo e si tentano le vie di un approccio interpretativo a un
fatto musicale.
La raccomandazione di Ravel di eseguire il
brano lentamente sembra significativa. Si tratta, frenando il decorso, di
incrementare la tensione, una tensione che non si regge sullo sviluppo tematico,
ma proprio su un'iterazione sempre più forte. Non esistono colpi di scena, ma
progressivi coinvolgimenti dello spazio sonoro, sinché tutta la massa diventa
eccitata e clamorosa nella misura massima. Ciascuno dice con la propria voce, da
solo e insieme ad altri, sempre la medesima frase. Ed è una frase sinuosamente
accattivante e dalle molte risonanze.
Vicenda di una progressiva eccitazione
trattenuta, di un felice coinvolgimento orgiastico collettivo, il Bolero
raveliano ci trascina, senza particolari allusioni, senza ammiccamenti al
passato, senza nostalgia, come ne "La valse", a uno stato di esaltazione
inibita. Potrebbe da questo "stato misto" scaturire una trance o uno stato di
possessione? La musica stessa si impossessa della mente e la trascina nella
direzione di un'esaltazione, ma il decorso verso la possessione è a carico di
altre componenti. Queste stanno nell'ascoltatore stesso e potrebbero forse stare
nell'ambiente, se non si trattasse di quella sala da concerto che scoraggia ogni
movimento. Così Bolero resta solo una scheggia illustre della musica
colta europea del '900, ma particolarmente vicino al corpo, a qualcosa che tende
a rompere il quadro della compostezza dell'ascoltatore, spingendolo verso altre
dimensioni: l'eros, la danza, l'esaltazione.
L'immenso "crescendo" del Bolero, (si va gradualmente dal pianissimo iniziale sino al fortissimo della fine), è soltanto uno degli elementi dal valore potentemente agogico di questa composizione. Le sue caratteristiche strutturali sono singolari e rappresentano un unicum nella storia della musica. Nel crescendo di Bolero assistiamo a un progressivo reclutamento strumentale di un grande insieme orchestrale, sino al climax finale, dove la totalità viene chiamata a realizzare il vertice di una intensificazione fonica esplosiva.
Questa chiamata a raccolta e concentrazione, dal tamburo + flauto iniziali in pianissimo al tutti finale, avviene entro la netta e semplice contrapposizione schematica tra una sezione ritmica ostinata (b bbb b ecc.) e rigorosamente sempre uguale per tutta la composizione da un lato e dall'altro una sinuosa melodia in due sezioni di sedici battute l'una. Questa sezione melodica si ripete invariata per ben diciotto volte consecutive, salvo una breve modulazione dal do maggiore al mi maggiore subito prima della conclusione, modulazione ritenuta "distensiva".
Un unico tema suddiviso in due frasi distinte di 16 battute ciascuna... l'una
in DO maggiore, l'altra nel più morbido DO minore... ed un unico ritmo di bolero
in tempo assai moderato sono i soli elementi sui quali l'autore costruisce la
sua celebre danza, la cui allucinante fissità è ribadita sul piano armonico
dalla mancanza pressoché totale di modulazioni (i bassi si limitano a due sole
note, DO e SOL, gradi principali della scala di DO). La partitura prende via via
vita, definendosi nel contempo nella sua stessa forma musicale, nel lento ma
graduale crescendo dinamico e nel costante arricchimento della "tavolozza"
orchestrale che si distribuisce ora sul motivo conduttore - ripetuto 18 volte -
ora sugli assetti ritmici. Il tema, presentato in pianissimo dal flauto
solo sull'accompagnamento del tamburo, viene ripreso prima da singoli strumenti
(clarinetto, fagotto, clarinetto piccolo e corno inglese) poi da gruppi
strumentali dagli impasti timbrici sempre più complessi e raffinati, fino a
coinvolgere l'intera compagine orchestrale. Una sferzante ed inaspettata
modulazione alla tonalità di MI maggiore (assai lontana a quella di DO) segna il
culmine della tensione emotiva determinata dall'inesorabile e meccanica
amplificazione della materia sonora.
L'escursione armonica è però di breve
durata: il DO maggiore iniziale riappare dopo solo otto battute, in un roboante
finale segnato dagli orgiastici glissandi dei tromboni.
Uno degli aspetti che maggiormente colpisce del Bolero di Ravel, ed ancora stupisce a quasi ottant'anni dalla sua prima rappresentazione, è la forza del coinvolgimento emotivo... quasi fisicamente tangibile... che esso suscita nello spettatore, contrapposto all'estrema semplicità dei mezzi musicali impiegati, ma è proprio nella deliberata "nudità" di quegli elementi e nel calcolato rigore, concepito quasi in termini matematici, con cui essi sono relazionati tra loro che si origina quella forza; la quale, a sua volta, trasforma quei mezzi musicali in ben calibrati ingranaggi di un fascinoso meccanismo incantatorio, in cui il caleidoscopico gioco dei timbri strumentali non fa altro che accrescerne la seduzione.
La composizione fu commissionata da parte di una ballerina russa... nel 1927 la celebre ballerina Ida Rubinstein, futura interprete di La Valse , poema coreografico rappresentato all' Opéra di Parigi il 23 maggio 1929, chiese a Ravel di comporre per lei un balletto di ambiente spagnolo...
Nell’estate del 1928 Ravel aveva voglia di Spagna. La ballerina Ida Rubinstein si era fatta avanti con la richiesta di un balletto, basato su alcune pagine di Isaac Albéniz (tratte dalla raccolta pianistica Iberia): Ravel avrebbe dovuto orchestrare sei brani per un progetto coreografico in programma all’Opéra di Parigi. Nella sua vita inoltre c’era un nuovo amico, un pianista e compositore cubano di nome Joaquín Nin, che, guarda caso, possedeva proprio una splendida casa sulla costa basca, a Saint-Jean-de Luz, la terra in cui Ravel sentiva da sempre di affondare le sue radici. Fu in quella località piena di villeggianti che i due musicisti finirono sul discorso di Albéniz, Ida Rubinstein e del balletto ispirato al variopinto mondo della cultura iberica. Joaquín Nin tuttavia si trovò costretto a mettere in guardia Ravel: l’orchestrazione di Iberia era già stata assegnata, con tanto di esclusiva, a Enrique Arbós. Ravel non ne sapeva nulla e rispose con un bel: «Me ne infischio, e poi chi sarebbe questo Arbós?». L’ignoto musicista era un allievo di Albéniz, uno che era stato talmente vicino al maestro da trasformarsi in una sorta di curatore testamentario; ed era stato lui a ricevere l’incarico ufficiale di orchestrare i brani pianistici di Iberia. Qualche giorno dopo una busta partiva da Saint-Jean-de-Luz in direzione della vedova Albeniz: una lettera di autorizzazione a procedere con il lavoro, nonostante gli impegni precedentemente presi con Arbos. Ma la risposta tardò ad arrivare, e qualche mese dopo Ravel aveva già cambiato i suoi progetti. Poco importava che nel frattempo il povero Arbós si fosse affrettato a lasciare il passo al più blasonato collega; Ravel ormai aveva già in testa una nuova idea, e la sua voglia di Spagna stava prendendo l’aspetto del Bolero: «Nessuna forma nel vero senso della parola, nessuno sviluppo, nessuna o quasi nessuna modulazione; un tema simile a quelli di Padilla (il volgarissimo autore di Valencia), ma solo ritmo e orchestra».
Accantonato il progetto di Iberia...... Ravel avvertiva ancora il desiderio di sfidare il suo talento di orchestratore: una «tessitura orchestrale senza musica», stando alle parole dello stesso autore, che doveva ripetere insistentemente un paio di temi - molto simili -, sommando progressivamente tutte le voci dell’orchestra, fino a raggiungere un roboante effetto di insieme. «I temi sono del tutto impersonali», tenne a precisare Ravel, perché l’interesse della pagina risiede interamente nel timbro, una sorta di magma in continua evoluzione, da seguire con quello stordimento allucinogeno che può solo produrre un ritmo (quello di bolero appunto) ostinato e inarrestabile dalla prima all’ultima nota.
La prima esecuzione all’Opéra di Parigi, il 22 novembre del 1928, nella versione danzata da Ida Rubinstein, fu poco più che un successo di stima; ma fu in sala da concerto, e ancor più in sede discografica, che il Bolero seppe raccogliere un successo senza precedenti (ben 25 incisioni nel giro di soli dieci anni). La pagina trasforma l’orchestra in un palcoscenico vivente; l’organico è enorme, eppure ogni strumento si ritaglia lo spazio per un’esposizione solistica. Ma Ravel riesce soprattutto nell’impresa di incatenare l’ascoltatore a una partitura che non fa altro che iterare le stesse melodie (un tema e un contro-tema) per una ventina di volte; la musica, proprio come un orologio che non torna mai sullo stesso istante pur essendo mosso da un meccanismo ripetitivo, va avanti riutilizzando materiale già ascoltato. Ravel eleva così un monumento al principio retorico dell’unità nella varietà, dimostrando a tutti, anche agli ascoltatori più distratti, che grazie a un genio può sembrarci sconosciuto anche ciò che abbiamo appena finito di conoscere.
Secondo la descrizione che lo stesso Ravel dà del pezzo nello Schizzo
Autobiografico, il Bolero è una danza di movimento molto moderato e
costantemente uniforme, tanto per la melodia e l'armonia che per il ritmo. Il
solo elemento di diversificazione è costituito dal "crescendo dell'orchestra".
Più ancora che per tutti gli altri brani musicali, è nell'idea in sé... per certi
aspetti assurda e provocatoria... che risiede l'intero valore artistico del
Bolero... idea tanto semplice quanto impossibile da trasformare in musica
se non fosse stato per il genio timbrico di Ravel, l'unico in grado di porsi e
di vincere una tale sfida con se stesso.
Il balletto originale è una sorta di ballo rituale durante il quale una donna danza seducente su un tavolo, mentre un gruppo di uomini si avvicinano a lei sempre più, con il crescere della musica. Esistono altre letture del balletto, come quella di Maurice Béjart che assegnò la parte principale ad un danzatore, o quella di Aurel Milloss, ambientata in una taverna.
Maurice Béjart...
Il Bolero andò in scena all'Opéra di Parigi il 22 novembre 1928, con Walter Straram sul podio e coreografie di Bronislava Nijinska, ottenendo, fin dalla sua prima rappresentazione, un clamoroso successo in virtù della sconcertante e provocatoria originalità sia della musica sia dell'invenzione coreografica: una donna danza su un tavolo, attorniata da un gruppo di uomini che gradualmente le si avvicinano in una sorta di ballo rituale carico di spiccato erotismo (successivamente se ne sono avute altre letture, anche molto diverse fra loro: si citano quella di Maurice Béjart, che attribuì la parte principale ad un danzatore, e quella "metafisica" di Aurél Milloss, nella quale un demone s'impossessa di un gruppo di avventori presenti in una sordida taverna). Il brano, quindi, fu eseguito sotto la direzione dell'autore ai Concerts Lamoureux (una delle più prestigiose istituzioni concertistiche parigine) l'11 gennaio 1930 senza perdere nulla del suo fascino misterioso, imponendosi immediatamente come una delle pagine più fortunate della letteratura orchestrale del XX secolo.
LA SCIENZA RACCONTA BOLERO
Dietro questa musica così particolare e unica c’è forse dell’altro? La domanda è: si può leggere la musica attraverso numeri e energia?
E’ possibile raccontare la musica ?” Questa domanda può sembrare assurda, poiché la musica si ascolta, produce sensazioni piacevoli, ma non si può narrare. Per apprezzarla e goderne basta fare silenzio e lasciarsi trasportare dalle vibrazioni meccaniche del timpano e dalle correnti elettriche del nervo acustico. La musica... scrisse Alessandro Manzoni... non esprime alcuna idea, bensì ne genera a centinaia. Ma la musica, al pari di tutto ciò che ci circonda, è fatta di materia ed energia e, come tutte le cose fatte di materia ed energia, si può prima studiare da scienziati e poi raccontarla come una storia.
Revealing Ravel è una sorta di fiaba alla Pierino e il lupo di Sergeij Prokofiev in cui una voce recitante introduce lo spettatore ai misteri fisico-matematici della musica.
Si parte dall’idea che la musica è energia che si propaga attraverso la materia grazie a vibrazioni dell'aria, opportunamente prodotte da vari strumenti, le quali poi, con opportune risonanze,generano timbri, ritmo, melodia, armonia.
Il Bolero viene dunque raccontato come una storia fantastica, partendo dai colpi di tamburo rullante iniziale e procedendo fino alla deflagrazione finale del tutti orchestrale. La voce recitante spiega il ritmo del Bolero, i timbri dei vari strumenti che gradualmente entrano in scena, le due melodie portanti del brano, la struttura morfo-sintattica del pezzo musicale; il tutto con grande semplicità e stile affabulatorio, con un apparato multimediale di straordinaria efficacia e realizzando, forse per la prima volta, un felice connubio fra comunicazione per immagini e ascolto dal vivo.
Alla voce che racconta come si sviluppa la partitura, con l’ingresso graduale dei vari strumentisti, si accosta l’esecuzione dal vivo dei vari estratti orchestrali, presentati nell’esatto ordine in cui compaiono nello spartito. Il narratore prende per mano il pubblico facendogli scoprire che la musica, come del resto la scienza, è anzitutto quantità. Ma quasi subito il Bolero rivela che la musica è anche qualità, con i timbri dei vari strumenti appunto qualitativamente diversi l’uno dall’altro, sebbene suonino la stessa canzone.
Però la quantità pian piano sovrasta nuovamente la qualità con il bellissimo ed emozionante crescendo che culmina "nel tutti" finale, il cui timbro, ossia la qualità, si è interamente dissolto nel fragore ritmico, pura quantità delle ultime battute.
Una volta, in un teatro parigino, il Bolero fu diretto da Arturo Toscanini.
Ravel era presente, nel palco di proscenio. Le ultime note del capolavoro,
scatenate in un irresistibile fortissimo, furono salutate da un’autentica
ovazione. Il mitico maestro italiano si inchinava al pubblico osannante, che
richiedeva a gran voce che anche il compositore, notato da tutti, venisse sul
palco a condividere il trionfo. Ravel ostentatamente non si mosse dal palco.
Poi, ad alta voce, in maniera da essere sentito non solo dal maestro, disse... “Trop vite, trop vite!”... troppo in fretta, troppo in fretta. L’esecuzione
toscaniniana durò qualche minuto meno dei fatidici diciassette!
I rapporti tra
Toscanini e Ravel, che già non erano dei migliori, dopo quella memorabile serata
parigina, peggiorarono ulteriormente.
Ravel scrisse...
Devo dire che raramente il Bolero viene diretto come io penso che dovrebbe
esserlo. Mengelberg accelera e rallenta in modo eccessivo. Toscanini lo dirige
due volte più veloce del dovuto e allarga il movimento alla fine, cosa che non è
indicata in nessuna parte. No: il Bolero deve essere eseguito con un unico tempo
dall'inizio alla fine, nello stile lamentoso e monotono delle melodie
arabo-spagnole. Quando ho fatto notare a Toscanini che si prendeva troppe
libertà, ha risposto: "Se non lo suono a modo mio, sarà senza effetto". I
virtuosi sono incorreggibili, sprofondati nelle loro chimere come se i
compositori non esistessero...
IL BOLERO DI TOSCANINI...
E arrivata l'ora per me di ascoltare questo straordinario Bolero... che mi fa capace di provare... sensazioni... emozioni... desiderio...
E arrivata l'ora per me di ascoltare questo straordinario Bolero... che mi fa capace di provare... sensazioni... emozioni... desiderio...
al ritmo delle primavere...
dei tamburi dell'autunno...
dei rossori dell'estate...
dedicando Bolero ai miei giorni futuri...
Yπέροχο πραγματικά κείμενο Νάδια.
ΑπάντησηΔιαγραφήΜε ΠΑΘΟΣ, όπως και το ίδιο το Bolero.
Δημοφιλές μέχρι "υστερίας" έργο του γάλλου συνθέτη Μωρίς Ραβέλ (1875-1937).
Γράφτηκε για μπαλέτο το 1928, κατόπιν παραγγελίας της ρωσίδας πρώτης μπαλαρίνας Ίντα Ρουμπινστάιν, όμως καθιερώθηκε από τις ορχηστρικές του εκτελέσεις.
Αρχικά, η Ρουμπινστάιν ζήτησε από τον Ραβέλ να ενορχηστρώσει 6 κομμάτια από τη γνωστή πιανιστική σύνθεση του Αλμπένιθ «Ιμπέρια». Τον πρόλαβε, όμως, ο ισπανός μαέστρος Ενρίκε Αρμπός, που απέκτησε και τα σχετικά πνευματικά δικαιώματα. Αρχικά τότε ο Ραβέλ αποφάσισε να ενορχηστρώσει μια δικιά του παλιά σύνθεση. Μετά άλλαξε γνώμη και αποφάσισε να γράψει μια νέα σύνθεση.
Η έμπνευση ήρθε το καλοκαίρι του 1928, ενώ βρισκόταν σε διακοπές στο παραλιακό θέρετρο του Σαιν Ζαν ντε Λιζ. Με το ένα χέρι άρχισε να παίζει μια μελωδία στο πιάνο για τον φίλο του Γκυστάβ Σαμαζέιγ και σε μια στιγμή τού είπε: «Δεν νομίζεις ότι το θέμα αυτό έχει μια επίμονη ποιότητα; Σκοπεύω να το επαναλάβω μερικές φορές χωρίς καμία εξέλιξη, αυξάνοντας βαθμιαία την ορχήστρα, όσο μπορώ».
Η σύνθεση είχε αρχικά τον τίτλο «Φαντάνγκο» και στη συνέχεια «Μπολέρο» (γαλλιστί «Μπολερό»). Και οι δύο αυτές ονομασίες παραπέμπουν σε ισπανικούς λαϊκούς χορούς του 18ου αιώνα.
Η παγκόσμια αποδοχή και αγάπη προς το Bolero έχει βέβαια άμεση σχέση με το κυρίαρχο και ασταμάτητο πάθος, που εκπέμπει, εκφράζει και συμβολίζει.
È noto che ogni stato d’animo ha la sua canzone. E che molto spesso le musiche e le parole delle canzoni ci sembrano descrivere, disegnare, decifrare un certo momento della nostra vita. I generi musicali interpretano in maniera diversa le differenti forme della nostra esperienza.... ed il Bolero tratta specificamente di faccende d’amore.
ΑπάντησηΔιαγραφήIl Bolero, ampiamente diffuso...... è stato per anni una specie di enciclopedia popolare dei casi dell’amore: e in particolare dell’amore infelice. I mille perché dell’abbandono - per eccesso o difetto di passione, per motivi di famiglia o motivi di salute, per incompatibilità di carattere, per conflitto di classe......
l’Amore, nel Bolero, ci appare a volte pagano, a volte intriso di riferimenti cattolici: la perdita dell’Amata - che in genere nel Bolero si racconta - insegna molti modi diversi, e tutti possibili, di elaborare il lutto....con Bolero si fanno i conti col destino, l’imperscrutabile divinità che soprassiede alla sorpresa dell’Amore, e si insegnano i modi per accettarlo, affrontarlo, interpretarlo...... il Bolero insegna, in qualche maniera, a sopravvivere alla tormenta dell’indefinibile, che sotto le vesti di Amore ci strappa alle quotidiane sicurezze.
Si può ragionevolmente pensare che tutti i viventi siano una volta o l’altra rientrati in uno dei casi descritti da Bolero; e chi non lo confessa, o mente o non ha mai amato........
e io ho amato......e amo.......Bolero!
Ένα bolero μπορεί να κάνει δύο ερωτευμένους να ερωτευτούν ακόμα περισσότερο, κι εμένα αυτό μου φτάνει, για να θέλω να γράψω ένα bolero.
ΑπάντησηΔιαγραφήΠροσπαθούσα για τουλάχιστον ένα χρόνο, παρέα με τον Armando Manzanero, να γράψω ένα, κι είναι ό,τι πιο δύσκολο υπάρχει.
Το να συνθέσεις μέσα στις πέντε ή έξι γραμμές ενός bolero, όλα αυτά που ένα bolero περικλείει, είναι ένα αληθινό λογοτεχνικό κατόρθωμα.
Gabriel Garcia Marquez.
Passionate work and a full article mrs Nadia Mazotti.
I like it a lot.
ΑπάντησηΔιαγραφήOttima definizione! I grandi scrittori sono quelli che ti lasciano dentro sensazioni forti, che possono anche cambiare il tuo modo di vedere le cose, che ti aiutano a crescere. Chi semplicemente scrive, se lo fa bene, può regalare qualche ora di piacevole distrazione, che non guasta mai. Un mio amico artista sostiene di trovare degli spunti tanto interessanti, quanto inaspettati anche nei libri di puro intrattenimento. Spero sia il caso di Bolero!
Grazie.....bolero...per me è l'apoteosi dell'amore...è come la senzazione....che ti pervade del primo e atteso bacio......è eros e spiritualità insieme.....per una vita intera.
Mrs Ioli,
ΑπάντησηΔιαγραφήi read and reread your comment, because it warms my heart when i read it ...
thanks, from this my heart.
thanks.....thanks.......comment beautiful, deep.......THE COMMENT.