KLIMT.......
.......LA NUDA VERITAS
Amo Klimt da quando ho 10 anni e mia madre me lo fece scoprire... quello che
secondo me lo rende unico ai miei occhi è la sua capacità di rendere le sue
donne al di sopra di ogni bellezza stereotipata. Ho sempre la sensazione di
corpi e visi di livelli superiori quasi non umani... lasciando alla mia
immaginazione oltre la fantasia di capire e scoprire chi e cosa sono... eravamo a Vienna e mentre camminavamo... qualcosa attira lo sguardo di mia madre... che mi tira letteralmente verso la vetrina di una bottega... all'interno... una stampa di Klimt... lei mi guarda e mi dice...."amore questo quadro si intitola... Le tre età della donna"... capirai con il tempo il suo effetto nell'animo... guardalo bene... lo dovrai vedere e rivedere... più volte... per capire"... beh... a distanza di tempo... a Roma davanti al quadro... più adulta e consapevole della vita... capisco che quell'immagine rappresenta tutto ciò che si può provavo per l'amore... con emozione,
attrazione, dolcezza, una sorta di magnetismo... la sua caratteristica è quella di riuscire a trasmettere l'intensità di
un'emozione che si prova in un grande sentimento... che non si riesce a descrivere
con le parole e che Klimt riesce... con quell'esplosione di colori e di forme.
Gustav Klimt (1862-1918) può essere considerato colui che portò alle loro più radicali conseguenze quei fenomeni dell'arte del tempo comunemente indicati come "simbolismo" e come "pittura dell'Art Nouveau".... quando parliamo di "enigma" della grandezza di Klimt dobbiamo considerare la straordinarietà della sua arte... il fatto cioè che egli arrivò a una sintesi delle due fondamentali tendenze artistiche dell'epoca... tendenze affini ma distinte quali Simbolismo e Art Nouveau, come nessuno dei pittori della sua generazione. L'arte simbolista tende a generalizzare, attraverso le immagini, un'esperienza individuale, o per dir meglio inconscia del mondo... benché il Simbolismo intenda formulare in termini figurativi "l'umano" in generale, può, in sé, arrivare a un'arte di un soggettivismo assoluto... la pittura dell'Art Nouveau, all'opposto, implica una rilevanza sociale della nuova arte, in quanto presuppone sì la volontà di portare alla luce impulsi interni... ma guarda soprattutto a un miglioramento della vita degli uomini per mezzo dell'arte stessa.
Le tre Gorgoni, per esempio, sono figure affascinanti, sprigionano un'evidente carica erotica, hanno movenze sinuose, ci fissano con occhi d'argento, promettono lussuria, ma danno sofferenza. L'incubo del tempo è la donna castratrice, il rapporto sessuale non è scambio reciproco, perché la donna lasciva offre il suo corpo per ottenere il piacere soprattutto per sé. La frustrazione sessuale alimenta l'immagine negativa di una sensualità femminile intesa come prigionia, schiavitù. Alla domanda se il male stia anche nella donna, l'artista con questa descrizione e in particolare con la Giuditta, risponde di si... Il soggetto di Giuditta è ovviamente la rivisitazione della storia biblica della protagonista che la porta a tagliare la testa al generale Oloferne per vincere l’assedio in cui era tenuta la sua città. Metafora del potere di seduzione delle donne che riesce anche a vincere la forza virile più bruta... la figura di Giuditta si presta come simbolo della femme fatale, dell’esasperazione dell’eros. ...la donna per Klimt non conosce vie di mezzo, è bellissima oppure orribilmente brutta, non ha pretese realistiche, anzi l’artista crea delle nuove figure femminili uniche nel loro ineguagliabile fascino e nella loro forza di carattere. L’arte di Klimt non si lascia intimidire dal pensiero puritano europeo, la donna non è scandalosa ma forte e sicura, non ha paura di esporsi e di non celare i suoi istinti facendo così emergere nell’uomo un sentimento di timore e fragilità quasi a sovvertire l’ordine del “sesso debole”. Nella Giuditta tagliatrice di teste si congiungono eros e morte, non regna più la ragione e la luce dell’intelletto ma l’irrazionalità.
Come la splendida Adele Bloch Bauer tramutata dal pittore viennese in una modella di pietra... in una temibile concrezione di gemme e metalli preziosi.
Ancora nella Vienna di fine Ottocento e di inizi Novecento l’arte non aveva perso la propria aura... benché l’epoca della riproducibilità tecnica di quadri e sculture raccontata dal filosofo Walter Benjamin fosse già cominciata... la capitale austriaca offriva ancora a pittori e intellettuali un ambiente in cui poter inseguire l’utopia modernista di un’arte totale che informasse ogni aspetto della vita... come stile... come ornamento... arredo... come creazione di ambienti che favorissero e stimolassero la ricerca intellettuale.
Più piccola e appartata di Parigi, Vienna fu la bolla magica in cui gli artisti ancora alle soglie del XXI secolo inseguivano l’idea wagneriana del Gesamtkunstwerk... integrando tutte le forme e i linguaggi... dalle arti visive... alla musica... cercando quella sinestesia vagheggiata da Baudelaire... è in questo clima che uno degli artisti più affascinanti della Vienna fine secolo Gustav Klimt... cercò di tradurre le composizioni di Beethoven in un’opera figurativa che faceva incontrare la novità dello Jugendstill (è il nome che presero in Germania le espressioni artistiche dell'Art Nouveau... dal nome di una rivista di Monaco (Jugend, "Giovinezza", fondata nel 1886) che contribuì a diffondere il nuovo linguaggio artistico, soprattutto nel campo della grafica e delle arti applicate... il termine venne usato per la prima volta nel 1899 sulla rivista "Insel". Spesso con il nome Jugendstil si ricomprendono anche le espressioni artistiche nate nello stesso periodo in altri paesi del Nord Europa ed in Austria... questo dimostra l'intenso contatto culturale tra Vienna e Monaco)... con il cromatismo dei mosaici bizantini... la stilizzazione della pittura egizia... con la pittura vascolare greca e con l’uso della linea tipico delle antiche stampe giapponesi... e con grande eclettismo... Klimt metteva in risonanza le sue complesse allegorie pittoriche con le note della Nona di Beethoven... fu forse proprio questo il frutto più interessante di quel milieu intellettuale che a Vienna, a inizio Novecento, era tenacemente ancorato ai miti ottocenteschi dell’artista vate... che coltivava una ricerca alta ed elitaria... sottolineando l’importanza dello stile personale e dell’auto riflessione fin quasi all’esasperazione. Parliamo di un ambiente culturale in cui scrittori come Hugo von Hofmannsthal... come Karl Kraus... come Arthur Schnitzler e poi come Robert Musil... ben al di là di Freud (e nonostante i suoi scritti) cercavano in letteratura e in poesia di ridefinire la soggettività moderna... che nell’ultimo lacerto dell’impero asburgico si raccontava come turbata, fragile... scheggiata, ma anche malata di introversione... e ...come se avesse arrestato l’orologio e lo scorrere del tempo... come se non avesse avvertito i richiami di quella avanguardia che già nei primi anni del Novecento aveva prodotto una rivoluzione come il Cubismo in Francia, Klimt... continuava a perseguire il sogno di una luminosa armonia... con il tripudio di ori, la sensualità del cromatismo e l’ostentazione di forme preziose ed eleganti, si rivelano percorse da una sempre più profonda inquietudine. Chi si avvicina per la prima volta alla pittura di Klimt non può che essere colpito dalla quasi esclusività dei soggetti femminili nella sua produzione, salvo rare eccezioni... come il Fregio di Beethoven, dipinto nel 1902 e composto da tre pannelli per una lunghezza complessiva di quasi 22m. Il tema principale dell'opera è il viaggio dell'eroe alla ricerca della felicità... viaggio richiesto da un gruppo di donne... due inginocchiate, nude perché rappresentano l'umanità dolente nel concreto... e due alle spalle dell'eroe, allegorie dell'ambizione e della compassione, vestite in quanto sono due concetti astratti. Un viaggio di conoscenza, paragonabile a quello di Dante e di Ulisse. Le figure che fluttuano nella parte alta dei pannelli ci indicano la via della salvezza ed è interessante che le prime persone che incontriamo, dirette verso questa direzione, sono delle donne. Il cavaliere deve raggiungere la Poesia... rappresentata da una musicale fanciulla... ma deve prima attraversare il regno del male abitato da mostri e donne perverse... sotto le ali del gigante Tifeo, metamorfosi del male e allegoria della parte animalesca di noi, ci sono tre gruppi di tre donne e una donna isolata... le donne in gruppo rappresentano i vizi come la lussuria e l'ingordigia, la donna isolata è l'allegoria dell'angoscia. Il giardino finale, dove si celebra l'abbraccio tra il Cavaliere e la sua donna, è un universo tutto femminile abitato da fanciulle... fiore, dove l'eroe compie infine il suo destino... abbracciare la Poesia, ritrovare la donna del suo cuore. Klimt ci dice così che dal Femminile nulla può prescindere, anzi, tutto procede... nasciamo dalla Donna e, orfani dell'abbraccio materno, spendiamo per conquistarla tutta la nostra energia e la nostra forza, in un confronto con le forze del Male che hanno anch'esse forma e origine femminile. La donna come primo e ultimo pensiero. Le sue donne sono uniche... ognuna irripetibile nel suo fascino, sempre bellissime ma talora orrende... è questo il caso di alcune figure delle Forze Ostili... che comunque sono dotate di una forza, di un carattere che le eleva ad assolute... in questo contesto quindi il protagonista maschile assume il ruolo di un nuovo Adamo, le figure femminili sono le forze incontrollabili della natura ostile. Klimt è attratto dalla rappresentazione e del male e a questo concetto primitivo associa il perverso potere seduttivo della donna...
Più piccola e appartata di Parigi, Vienna fu la bolla magica in cui gli artisti ancora alle soglie del XXI secolo inseguivano l’idea wagneriana del Gesamtkunstwerk... integrando tutte le forme e i linguaggi... dalle arti visive... alla musica... cercando quella sinestesia vagheggiata da Baudelaire... è in questo clima che uno degli artisti più affascinanti della Vienna fine secolo Gustav Klimt... cercò di tradurre le composizioni di Beethoven in un’opera figurativa che faceva incontrare la novità dello Jugendstill (è il nome che presero in Germania le espressioni artistiche dell'Art Nouveau... dal nome di una rivista di Monaco (Jugend, "Giovinezza", fondata nel 1886) che contribuì a diffondere il nuovo linguaggio artistico, soprattutto nel campo della grafica e delle arti applicate... il termine venne usato per la prima volta nel 1899 sulla rivista "Insel". Spesso con il nome Jugendstil si ricomprendono anche le espressioni artistiche nate nello stesso periodo in altri paesi del Nord Europa ed in Austria... questo dimostra l'intenso contatto culturale tra Vienna e Monaco)... con il cromatismo dei mosaici bizantini... la stilizzazione della pittura egizia... con la pittura vascolare greca e con l’uso della linea tipico delle antiche stampe giapponesi... e con grande eclettismo... Klimt metteva in risonanza le sue complesse allegorie pittoriche con le note della Nona di Beethoven... fu forse proprio questo il frutto più interessante di quel milieu intellettuale che a Vienna, a inizio Novecento, era tenacemente ancorato ai miti ottocenteschi dell’artista vate... che coltivava una ricerca alta ed elitaria... sottolineando l’importanza dello stile personale e dell’auto riflessione fin quasi all’esasperazione. Parliamo di un ambiente culturale in cui scrittori come Hugo von Hofmannsthal... come Karl Kraus... come Arthur Schnitzler e poi come Robert Musil... ben al di là di Freud (e nonostante i suoi scritti) cercavano in letteratura e in poesia di ridefinire la soggettività moderna... che nell’ultimo lacerto dell’impero asburgico si raccontava come turbata, fragile... scheggiata, ma anche malata di introversione... e ...come se avesse arrestato l’orologio e lo scorrere del tempo... come se non avesse avvertito i richiami di quella avanguardia che già nei primi anni del Novecento aveva prodotto una rivoluzione come il Cubismo in Francia, Klimt... continuava a perseguire il sogno di una luminosa armonia... con il tripudio di ori, la sensualità del cromatismo e l’ostentazione di forme preziose ed eleganti, si rivelano percorse da una sempre più profonda inquietudine. Chi si avvicina per la prima volta alla pittura di Klimt non può che essere colpito dalla quasi esclusività dei soggetti femminili nella sua produzione, salvo rare eccezioni... come il Fregio di Beethoven, dipinto nel 1902 e composto da tre pannelli per una lunghezza complessiva di quasi 22m. Il tema principale dell'opera è il viaggio dell'eroe alla ricerca della felicità... viaggio richiesto da un gruppo di donne... due inginocchiate, nude perché rappresentano l'umanità dolente nel concreto... e due alle spalle dell'eroe, allegorie dell'ambizione e della compassione, vestite in quanto sono due concetti astratti. Un viaggio di conoscenza, paragonabile a quello di Dante e di Ulisse. Le figure che fluttuano nella parte alta dei pannelli ci indicano la via della salvezza ed è interessante che le prime persone che incontriamo, dirette verso questa direzione, sono delle donne. Il cavaliere deve raggiungere la Poesia... rappresentata da una musicale fanciulla... ma deve prima attraversare il regno del male abitato da mostri e donne perverse... sotto le ali del gigante Tifeo, metamorfosi del male e allegoria della parte animalesca di noi, ci sono tre gruppi di tre donne e una donna isolata... le donne in gruppo rappresentano i vizi come la lussuria e l'ingordigia, la donna isolata è l'allegoria dell'angoscia. Il giardino finale, dove si celebra l'abbraccio tra il Cavaliere e la sua donna, è un universo tutto femminile abitato da fanciulle... fiore, dove l'eroe compie infine il suo destino... abbracciare la Poesia, ritrovare la donna del suo cuore. Klimt ci dice così che dal Femminile nulla può prescindere, anzi, tutto procede... nasciamo dalla Donna e, orfani dell'abbraccio materno, spendiamo per conquistarla tutta la nostra energia e la nostra forza, in un confronto con le forze del Male che hanno anch'esse forma e origine femminile. La donna come primo e ultimo pensiero. Le sue donne sono uniche... ognuna irripetibile nel suo fascino, sempre bellissime ma talora orrende... è questo il caso di alcune figure delle Forze Ostili... che comunque sono dotate di una forza, di un carattere che le eleva ad assolute... in questo contesto quindi il protagonista maschile assume il ruolo di un nuovo Adamo, le figure femminili sono le forze incontrollabili della natura ostile. Klimt è attratto dalla rappresentazione e del male e a questo concetto primitivo associa il perverso potere seduttivo della donna...
dettaglio nel Fregio di Beethoven del 1902
L' artista descrive la sessualità come ambigua prevaricazione: infatti la donna è inevitabilmente associata alle forze della natura, che è elemento ingovernabile. Nella parte conclusiva del fregio la donna perde il suo aspetto perverso e terribile messo in luce in particolare dalle Forze Ostili e denota una visione della vita velata di ottimismo. Infatti l'arte, uno degli aspetti più nobili che si possono ritrovare, è rappresentata da una figura femminile... una poetessa che accompagnandosi con la cetra declama i propri versi.
Dipingere Danae, non è stata per Klimt una scelta originale, infatti da Tiziano a Buttò ( artista contemporaneo ) c’è un lungo elenco di artisti che hanno raffigurato la figlia di Acrisio in vari stili e iconografie. Il tema è quello del mito di Diana sulla quale discese Giove, sotto forma di pioggia d’oro o di monete, come simbolo del seme divino, dono preziosissimo.
Secondo il mito greco, Acrisio, re di Argo e di Euridice, rinchiuse la figlia Danae in una torre di bronzo essendogli stato predetto che un figlio di Danae stessa lo avrebbe ucciso. Ma Zeus, invaghitosi della fanciulla, riuscì a raggiungerla penetrando nella torre. Nacque Perseo che Acrisio gettò in mare in una cassa insieme alla madre. I due però riuscirono miracolosamente ad approdare nell’isola di Serifo e da lì,dopo numerose peripezie, durante una gara, alla quale partecipò anche il nonno Acrisio poichè credeva che suo nipote fosse morto, Perseo, sbagliando mira, lo uccise, facendo avverare la profezia.
Come si può ben immaginare... dipingere il mito di Diana era un tema “scottante” e... fino all’800... si usavano vari espedienti per evitare la censura ecclesiastica... ed in particolare... l’uso di velare la donna o di scegliere posizioni della figura poco compromettenti... nonostante tali difficoltà, molti artisti amavano dipingere tale soggetto perché lo consideravano un’immagine interessante della seduzione, perchè celata da simboli.
Klimt, dipingendo il suo quadro, realizza un corpo femminile pieno, materno, abbondante, richiamando quindi un gusto classico e non l’emblema della bellezza femminile moderna longilinea e aggressiva, considerato da lui vuoto simulacro da guardare... desiderare e usare.
L’artista raffigura Diana in primo piano... in posizione rannicchiata... quasi fetale... ripiegata su se stessa e avvolta in una forma circolare che rimanda alla maternità e alla fertilità universale. Sul suo volto si leggono serenità e pace. La fanciulla appare persa nel sonno e nella dimensione onirica, totalmente dimentica di sé e in balìa dei propri istinti sessuali. Non dimentichiamoci che l’artista austriaco vive nel secolo della psicanalisi Freudiana e questo, certamente, lo influenzò... la sua Danae infatti è una donna non consapevole né tanto meno partecipe di quello che accade, dell’evento “miracoloso”... in nessun altro dipinto di Klimt la donna è così interamente identificata con la propria sessualità, sprigionata, non solo dal tema trattato, ma anche dalla costruzione del dipinto.
L’abbandono del corpo circondato e ricoperto dai capelli, il velo orientaleggiante che protegge ma non copre , la pioggia d'oro, richiamano la passione, così come il rettangolo verticale nero che rappresenta il principio maschile.
Tanto che quella Danae che Tiziano aveva immaginato di una bellezza prorompente e dallo sguardo bistrato e vivo, diventa una dea dormiente, avvolta su stessa e dalle mani sinistramente accartocciate... pensare che Klimt ha dipinto questa celebre tela nel 1907, lo stesso anno in cui Picasso dipingeva le sue modernissime Demoiselles d’Avignon, fa davvero impressione. All'apice della sua produzione artistica, Klimt inserisce le figure femminili dei ritratti in un sistema ornamentale che funge da rappresentazione e che, mediante la concentrazione del mezzo pittorico su viso e mani, genera una distanza tra osservatore e modello. Più tardi sarà il colore ad assumere questa funzione che nei ritratti acquista una sorta di vita propria e che, come precedentemente spettava all'ornamento, ora sottolinea la bi-dimensionalità delle sue opere.
Nonostante la distanza a cui mirava... egli riusciva a generare un'atmosfera di tensione tra l'osservatore e le donne raffigurate, aspetto che contribuisce a conferire un particolare fascino che da sempre caratterizza i ritratti femminili di Klimt. Tanto attardato pare il modo di dipingere di Klimt rispetto a quello di Picasso che apriva la pittura europea alla ricerca di una quarta dimensione, a un modo del tutto irrazionale di fare “ritratti”... uno iato temporale e di modo di dipingere che, per certi versi, rende ancor più enigmatiche, ieratiche, meravigliose e irraggiungibili le donne raffigurate... Klimt esalta la figura femminile spogliandola e vestendola d’oro, indaga dentro esse entrando intimamente in contatto con lo spirito della donna... la venera così tanto che riesce a renderla bella, spietata e immortale nei suoi quadri.
Nonostante la distanza a cui mirava... egli riusciva a generare un'atmosfera di tensione tra l'osservatore e le donne raffigurate, aspetto che contribuisce a conferire un particolare fascino che da sempre caratterizza i ritratti femminili di Klimt. Tanto attardato pare il modo di dipingere di Klimt rispetto a quello di Picasso che apriva la pittura europea alla ricerca di una quarta dimensione, a un modo del tutto irrazionale di fare “ritratti”... uno iato temporale e di modo di dipingere che, per certi versi, rende ancor più enigmatiche, ieratiche, meravigliose e irraggiungibili le donne raffigurate... Klimt esalta la figura femminile spogliandola e vestendola d’oro, indaga dentro esse entrando intimamente in contatto con lo spirito della donna... la venera così tanto che riesce a renderla bella, spietata e immortale nei suoi quadri.
Come la splendida Adele Bloch Bauer tramutata dal pittore viennese in una modella di pietra... in una temibile concrezione di gemme e metalli preziosi.
Ispirato dal modello dell'imperatrice Teodora, raffigurata nei mosaici di San Vitale a Ravenna e risalenti al VI secolo, con il ritratto di Adele Bloch-Bauer I, Klimt ha realizzato un monumento celebrativo alla bellezza femminile. L'impiego massiccio dell'oro combinato all'esclusione altrettanto massiccia del colore e quella conoscenza della tradizione artistica creano un'aurea unica che distingue lo Jugendstil viennese dalle correnti artistiche analoghe diffuse in altri centri europei. Al tempo stesso, il volto di Adele Bloch-Bauer, curato in dettaglio e tratteggiato in modo raffinato, impedisce che il soggetto raffigurato si dissolva nell'anonimità costituita dalla validità universale dell'immagine stessa.
Ma questa donna temibile... apportatrice di morte, è anche Madre... dispensatrice di vita e di amore per antonomasia... appunto di questa contraddizione si nutre la sua tremenda ambiguità.
Non sappiamo con certezza quando si iniziò a venerare la Dea Madre (spesso identificata con la Terra stessa)... genitrice di tutte le creature e di conseguenza anche dell’essere umano... è certo però che veniva adorata e che le venivano dedicate cerimonie e fatte offerte votive di ringraziamento. La testimonianza più antica che sia stata trovata dedicata alla dea è una statuetta di pietra chiamata la Venere di Willendorf... il cui nome deriva dal luogo nel quale venne rinvenuta... un piccolo monumento dell’Età della Pietra con ampi fianchi e grossi seni, ad indicare l’abbondanza e la grande capacità di procreare.
Non sappiamo con certezza quando si iniziò a venerare la Dea Madre (spesso identificata con la Terra stessa)... genitrice di tutte le creature e di conseguenza anche dell’essere umano... è certo però che veniva adorata e che le venivano dedicate cerimonie e fatte offerte votive di ringraziamento. La testimonianza più antica che sia stata trovata dedicata alla dea è una statuetta di pietra chiamata la Venere di Willendorf... il cui nome deriva dal luogo nel quale venne rinvenuta... un piccolo monumento dell’Età della Pietra con ampi fianchi e grossi seni, ad indicare l’abbondanza e la grande capacità di procreare.
Ma ci sono altri esempi di statuette della Dea Madre.., anche se non antichi come la Venere di Willendorf. ...alcune statuette antropomorfe che sembrano collegate alla dea sono quelle trovate durante gli scavi archeologici in Bulgaria, in quel territorio che era dei Traci. La presenza di figure dai connotati simili in molte religioni e mitologie indica l'importanza dell’immagine femminile "divinizzata"... in virtù principalmente delle sue capacità di genitrice... e se questa suggestione ancestrale per secoli aveva potuto manifestarsi in Europa solo nella rappresentazione cristiana della Natività e in scene di vita quotidiana, la riscoperta dell’arte primitiva scatena la fantasia e le energie creative degli artisti europei tra Ottocento e Novecento... in un clima artistico che rielabora la figura materna in chiave di "divinità" ancestrale... nascono così opere come Le cattive madri (1894), straordinario capolavoro di Giovanni Segantini... artista che eserciterà una certa influenza su Klimt.
Il tema della ciclicità della vita è fondamentale nella definizione di un universo matriarcale... nel corpo femminile si forma la vita e di conseguenza si decide il destino mortale di un nuovo essere: lieta speranza e insieme caducità della vita. ...la madre, in fin dei conti, nel momento stesso in cui dona la vita ad un figlio... lo condanna alla morte... di qui, probabilmente, l'ambiguità dell'archetipo. La figura della donna-madre, tuttavia, è spesso letta da Klimt... come l’unica speranza in un mondo che attende di essere annientato dal germe della devastazione... ne offre importanti testimonianze. Il dipinto noto come Speranza I (1903) rappresenta con molto realismo una donna incinta nuda... accostata ad una mostruosa creatura serpentiforme... un drago terrificante e minaccioso...
È tuttavia indiscutibile che l'opera di Klimt, come nessun'altra, tenda all'erotismo. Nella rappresentazione esplicita di questo aspetto, i disegni anticipano in modo sorprendente l'opera erotica del giovane Egon Schiele, apprezzato apertamente da Klimt. Tuttavia, Klimt non si limita a raffigurare giovani donne in atteggiamenti erotici, ma ne coglie tutte le forme della femminilità, la gravidanza così come la vecchiaia e la perdita della bellezza. Conformandosi al pensiero del tempo, per Klimt la femminilità è soggetta alla natura il cui ordine ciclico di divenire e trascorrere egli esprime nei propri ritratti di donna... Klimt viaggia sui corpi delle donne... e amava dire... "Fare un bel ritratto è un atto d’amore perché non verrà mai bello senza amore"... Nell'arte di Klimt la donna occupa un posto decisamente primario, rinnovando il mito della "femme fatale"...per il pittore la donna è l'idea stessa di EROS... quell' eros che ha un tempo... d'amore e di morte... salvezza e perdizione... con Klimt la donna assume un ruolo di autorità rispetto all'uomo... e lei la depositaria di quel gioco amoroso che rinnova continuamente l'amore e la bellezza.
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
ALDA MERINI
...ed eccomi a Roma davanti al quadro... ad osservare la donna anziana e sembrano ci siano centinaia di piccoli occhi dorati, poco interessati, indifferenti, mentre sopra le giovani troneggiano occhi grandi, spalancati, vividi, abbagliati dall'estasi effimera della bellezza. ...come un sarcofago "Le tre età della donna" raccontano all'osservatore la storia di una vita... passato, presente e futuro inscindibilmente collegati... in un crescendo temporale il quadro ci presenta un universo di equilibri forme e colori vivaci, una sfumatura che va dal tenero al sensuale fino a colori cupi, emaciati, consumati... passa dalla pace dei sensi all'essere avvolti da sensazioni di debolezza, stanchezza e disperazione (il cambio di colorazione e di tratto mostra secchezza, stasi, ondulazioni inestetiche e criticità). La bellezza fugge, il tempo passa. L'idillio della perfezione si sfalda e viene attratto in un oscuro baratro... Klimt vuole mostrarci da un lato una donna aggrappata e china su se stessa, dall'altro una aggrappata e china sulla sua progenie (che protegge con la testa)... amore intenso in contrapposizione a solitudine del rimpianto... tre età, ma un solo e unico sentimento, profondo, viscerale e immutabile... l’Amore, quello con la A maiuscola... strano come un quadro ti resta in mente senza che tu te ne renda conto. ...poi vedi l'originale e pensi... perbacco, è sempre stato lì, come un sogno che ritorna a frammenti a metà della mattina...
Questa visione della donna, espressa da un "civilizzatissimo" e colto esponente del genere maschile, offre un interessante spunto di riflessione... il pur bellissimo dipinto di Klimt esprime la convinzione tipicamente maschile che la donna "serva" per procreare oppure per soddisfare le voglie maschili, e al di fuori di quest'ottica utilitaristica non abbia diritto di cittadinanza... sorprende quanto profonda e radicale sia la secolare incomprensione fra i due sessi, quanto poco la cultura possa fare per porre rimedio ad essa e quanto la visione maschile della donna sia rimasta sostanzialmente immutata... dall'età delle caverne ad... oggi.
Esattamente come per la bruttezza... anche la definizione di bellezza non è univoca... bello è qualcosa che attrae, che colpisce, che spinge a soffermare lo sguardo senza reprime un senso di meraviglia, addirittura di estasi. ...spesso si definisce il bello come qualcosa che è buono... e in questo caso si attribuisce alla bellezza una caratteristica utilitaristica, che non è propria del termine. Altre volte una cosa bella è una cosa desiderabile, apprezzata ma non posseduta... e che proprio per questa mancanza di possesso risulta ancora più ricercata, ma che forse, per altri non è meritevole di attenzione... altre volte è la passione per una data cosa a condizionare il nostro giudizio, si potrebbe dire che la bellezza, esattamente come la bruttezza, sono dunque soggettivi... Più si sente la bellezza come un fatto personale, più cambia il modo dei pittori di proporla: simbolismo, impressionismo, fino ad arrivare all’astrattismo sperimentano e lasciano esempi di bellezza che a volte sono immediati, altre volte si possono capire solo cercando di andare oltre, cercando di spiegare il perché delle scelte degli autori, le loro esperienze e la realtà che hanno vissuto.
Cosa si può dire della bellezza di oggi? Sicuramente per molti la bellezza è provocazione... l’arte delle avanguardie non pone il problema della bellezza... si sottintende certo che le nuove immagini siano artisticamente belle e debbano procurare piacere, ma non come le opere di Giotto o Raffaello, ma proprio perché la provocazione viola tutti i canoni estetici sino a quel momento rispettati. L’arte non vuole fornire l’ennesima immagine della bellezza naturale ma ...vuole insegnare a interpretare il mondo con occhi diversi, a godere del ritorno a modelli arcaici o esotici... nessuno come gli artisti contemporanei hanno dimostrato che la bellezza è qualcosa che va oltre ai soli canoni estetici... è una sensazione che colpisce e non lascia indifferenti, è una esperienza così forte da influenzare le proprie scelte e le proprie aspettative. La bellezza va oltre alla fisicità che consumisticamente ci viene proposta... è qualcosa che nasce dal profondo... che si può trovare anche nella cosa più piccola e insignificante che abbiamo sotto agli occhi.
Ma ora è tempo di tornare all'inizio... del mio viaggio... ...parlando della Nuda Veritas... Klimt... utilizzava la sua pittura in un senso altamente decorativo e simbolico... esprimendo situazioni umane... in Nuda Veritas del 1899 emerge il primo affronto alla tradizione... questa realistica figura di donna alta due metri con la sua provocatoria ed espressiva nudità apparì al pubblico viennese irritante e scandalosa... la rappresentazione del pelo pubico fu una dichiarazione di guerra all’ideale classico.
Non va mai dimenticato che era figlio di un cesellatore e che conosceva a fondo le più varie tecniche decorative. La tecnica pittorica era sempre la stessa... prima Klimt elaborava il viso del personaggio che veniva rivestito poi degli elementi decorativi... lavorava inoltre su più tele contemporaneamente, ricoprendole a mano di forme e colori... e la precisione fotografica nella resa dei volti resterà sempre una costante della sua opera.
...in quest'opera ci colpisce la figura della donna che incarna la verità... il corpo nudo apparentemente invitante, l'incarnato pallido, la chioma rossa, lo sguardo pietrificato che la rende inaccessibile. ...il serpente che le cinge le gambe mettendo in pericolo la sua integrità, sta a simboleggiare la verità insidiata dalla menzogna... lo specchio in mano ci esorta a fuggire la menzogna... i due esili fiori, che richiamano degli spermatozoi danno al dipinto una valenza eroica.
La Nuda Veritas è una dichiarazione della totale libertà dell'arte... che deve dire la verità in quanto espressione della propria epoca... siamo davanti ad un'ispirazione filosofica...
Quella dipinta era stata preceduta da una grafica, pubblicata su "Ver Sacrum" nel 1898. ...nella seconda elaborazione l'artista aveva accentuato la carica sensuale e aveva sostituito una citazione di Schefer, meno polemica "La verità è fuoco e parlare significa illuminare e bruciare" ...con la frase schilleriana. "Non puoi piacere a tutti con la tua azione e la tua arte. Rendi giustizia a pochi. Piacere a molti è male".
Klimt esprime una visione del mondo che condivide con Schopenhauer... “Il mondo come volontà, come forza cieca in un ciclo senza fine di nascita, amore e morte“... la tendenza erotica dei suoi quadri nasce dalla relazione tra ciò che è mostrato e ciò che è nascosto. L’artista non si rivela mai crudo o volgare, per quanto sia stato spesso accusato di pornografia... invece i suoi erano i disegni di un amante premuroso che sfiorava teneramente il corpo dell’amata.
Klimt ci regala sempre... Eva... la donna per eccellenza, ritratta in tutte le pose immaginabili, anche le più ardite. ...la donna seduce non più con la mela ma attraverso le sinuosità del suo corpo nudo. Il contatto con la vitalità sarà uno dei tratti fondamentali dell’arte klimtiana... e davanti al quadro... mi sento poetica... piena di una reale dolcezza, quasi imbarazzante ed infantile... magia.
Disarmante donna mia...
affogo ogni istante...
tra le tue braccia....
conversano i cuori...
in questa felice fusione...
Un bacio di passione...
fa tremare il mio corpo...
L'eccitazione ruba...
nuovi odori...
nuovi sapori...
nuovi colori...
Un vero intenso torpore...
riempie la mente...
e affascinata...
l'anima resta... per sempre...
Un bacio...
Amo Klimt da quando ho 10 anni... ho letto... ho visto... ho sentito... per me le sue opere vivono di luce propria... ma Klimt... è ancora da scoprire... lui... ha il fascino degli autori che volano verso un'epoca nuova guidati dalla forza d'intuizione del futuro... ma decisi a non perdere la memoria del passato... Klimt ti fa venire la voglia di continuare a conoscere Klimt... e di lui diceva... "Chiunque voglia conoscermi... come artista, perché non c’è altro che sia meritevole d’interesse... deve guardare con attenzione le mie opere e cercare di scoprire quello che sono e quello che voglio".
...arriviamo ai giorni nostri... le sue opere vengono dipinte sui corpi di uomini e donne... dando vita ad un vero e proprio museo itinerante... si tratta del progetto ItiMa, Museo Itinerante dell'Arte, che punta a portare l'arte fuori dai musei per renderla accessibile a tutti... in tutto 150 le opere dell'artista che verranno dipinte sulle "tele umane"...
Dipingere è ancora sostanzialmente... la stessa identica cosa che era nella preistoria... riunisce l'uomo e il mondo... vive nella magia...
(dedicato a te mia mentore)
- Spogliami...
disegna le mie forme di donna...
avvolgimi...
coprimi con abiti colorati...
con generose dorature...
Fa di me il miglior paesaggio...
lascia che ti faccia credere che io dorma
affinché tu possa risvegliarmi...
A me... quella vera...
circondami di sogni
vestimi dei miei capelli...
con lustrini di passione estetica ed audace.
Verniciami di desiderio...
senti la mia pelle guardandomi...
Guardami...
che mi lascio guardare...
come in un quadro di Gustav Klimt...