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Δευτέρα 11 Ιουνίου 2012

The Soul Of The Piano (cembalo, gravicembalo, fortepiano, κλειδοκύμβαλο, κλαβιέ)

    IL PIANOFORTE 

Quanti tasti ha il mio pianoforte
  dormono immobili come pensieri
            il più basso la vita, il più acuto la morte
              la luce sui bianchi la notte sui neri.
          



          


La musica è una rivelazione più profonda di ogni saggezza. Chi penetra il senso della musica potrà liberarsi da tutte le miserie in cui si trascinano tutte gli altri uomini.
                                                                                           L.V. BEETHOVEN
       
Non so perchè mi manca così tanto suonare 88 TASTI....
è stata una mia scelta...
ma ogni volta che mi avvicino ad un pianoforte il mio cuore smette di battere...
e le mie orecchie...
sentono la melodia che lui VORREBBE SUONARE... su quei maledetti... infiniti... vitali... 88 tasti.
Alcuni semplicemente ti ascoltano... altri ti obbediscono!
Movimento, respiro, brivido, sensazione, pulsione, palpitazione, eccitazione...
OH MIO DIO...
Questo succede quando le mie mani LO TOCCANO...


E ALLORA MI DOMANDO PERCHE' SI SCEGLIE DI SUONARE?
PERCHE' SI SCEGLIE DI SMETTERE?
MA ALLA FINE... SONO SCELTE?
Parliamone...


Già perchè si sceglie di suonare?...
Per qualcuno di noi... c'è un momento nella vita in cui la musica... o uno strumento... sembra che ti sussurrino... "tu sei fatto per me"... e allora... non hai scampo... puoi cercare di nasconderti... puoi far finta di non ascoltare... puoi cercare di fare altro... puoi impegnare la tua mente al solo scopo di allontanare ogni pensiero deviante... ma per me... il benessere che la musica espandeva nel mio cuore aveva un solo significato, il riuscire a percepire la sua essenza magica che predisponeva l'anima a livelli superiori di sensibilità...

Chi suona il PIANOFORTE sa di cosa sto parlando, la sua stretta connessione con l'ANIMA. Oserei dire lo stesso piano... ha un'anima. I solisti a volte vivono in totale e vitale armonia con il loro piano e naturalmente e inconsciamente considerano il loro strumento come un essere vivente. Ecco perché ho dato al pianoforte un'anima e una voce: egli stesso (il pianoforte è ora una persona) racconta la sua storia e mi dà alcune interviste. Egli mi aiuterà a dimostrare l'importanza che ha per alcune persone. Ho intenzione di scrivere quattro pianisti che sono strettamente legate al pianoforte e hanno un rapporto intimo e profondo con lui. Quattro storie diverse, dove il pianoforte è in modi diversi il vero carattere principale e i pianisti-protagonisti sono in qualche modo costretti a condividere il palco con lui: Wladyslaw Szpilman, il pianista ebreo polacco in Il pianista di Roman Polanski, Ada McGrath, il pianista muto in Il Piano di Jane Campion; Danny Boodman TD Lemmon Novecento, il pianista singolare in The Legend of 1900 di Giuseppe Tornatore, David Helfgott, il protagonista di Shine di Scott Hicks. Anche se solo due di questi quattro film, il pianista e lo splendore, si basano su storie vere, le altre due trame sono molto credibili. Penso che questi film sono un mezzo ideale, ma non l'unico, per sviluppare l'argomento, permettendomi  di mostrare la grande influenza che il pianoforte può avere sulla vita di un pianista: egli può essere l'ultima speranza in situazioni difficili, come nel caso di Wladyslaw Szpilman, che riuscì a superare la terribile esperienza dell'olocausto, grazie al suo amore per il pianoforte e la sua speranza di cominciare a giocare con lui ancora una volta, cioè di tornare alla vita normale, perché Ada McGrath era l'unico modo di comunicare con il mondo, mentre per Novecento era uno "strumento" con cui interpretare la realtà e per David Helfgott era una ragione per iniziare una nuova vita dopo una tragica esperienza. Ovviamente in questi esempi il pianoforte gioca un ruolo da protagonista, così come il pianista che lo interpreta. 

In realtà, nella storia del cinema ha spesso giocato parti minori, come al momento del cinema muto, il cui principale rappresentante era il grande Charlie Chaplin, dove la musica del pianoforte ha sottolineato le diverse scene del film, o al momento dei musical americano interpretato da Frank Sinatra e l'eccellente ispano-americana pianista Jose Iturbi, dove il pianoforte ha accompagnato i brani principali dei film. Naturalmente non possiamo dimenticare il grande ruolo di colonna sonora per un amore che aveva in Casablanca, un cult movie di Michael Curtiz, con l'incomparabile Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, e quello della "agitatore folla" che aveva quando ha accompagnato la vocalità incessante di Jerry Lee Lewis, interpretato da Dennis Quaid in Great Balls of Fire. Sono pienamente d'accordo con il filosofo Schopenhauer che ha pensato che la musica è in grado di esprimere l'essenza delle cose e, nel suo saggio Die Welt als Wille und Vorstellung (Il mondo come volontà e rappresentazione,  1818)  la pongono al vertice della gerarchia dell'arte. In ogni caso, il forte legame che stiamo sottolineando tra l'anima del pianista e il suo strumento può essere trovato in qualsiasi forma d'arte. Artisti attribuire all'arte la capacità di esprimere l'essenza delle cose, della vita stessa, a risvegliare la nostra anima profondo segreto. Inoltre dobbiamo tener conto che l'anima dell'artista è come un mondo in cui le abilità del pittore, il poeta e il musicista si fondono in proporzioni infinitamente varia. In realtà, ci sono molti esempi di artisti famosi che possono esprimere la loro anima interiore attraverso diverse forme d'arte: un poeta che dipinge i suoi sentimenti, o un musicista che scrive i testi per la sua musica, ecc... 

In tempi moderni la musica non è solo una fonte di divertimento o un hobby, ma rappresenta anche un importante strumento terapeutico nella cosiddetta musicoterapia, che è una branca della medicina che utilizza la musica per affrontare il fisico, emotivo, cognitivo e sociale bisogni degli individui di tutte le età. La musicoterapia migliora la qualità della vita delle persone che stanno bene e soddisfa le esigenze di bambini e adulti con disabilità o malattie. Alcune persone volontariamente si sottomettono alla musicoterapia, mentre altri usufriscono della musica quasi inconsciamente... travolti da una forte passione che va al di là dei limiti della ragione
La musica è presente in ogni cultura, e occupa un ruolo di primo piano nella vita quotidiana delle persone, può indurre emozioni profonde e per questo rappresenta un’esperienza emotiva particolarmente gratificante per chi l’ascolta. 


                                                            The Harpist of Cyclades

Il tema delle emozioni legate alla musica, a cominciare dalla filosofia greca, è rimasto per lungo tempo dominio dei filosofi, come documenta il numero impressionante di teorie sulla musica e l’emozione. Solo in tempi relativamente recenti le formulazioni teoriche sulle potenzialità della musica di suscitare emozioni o di alterare l’umore sono state accompagnate da ricerche empiriche, in particolare grazie allo sviluppo delle neuroscienze cognitive e ai suoi strumenti di indagine, che hanno reso possibile lo studio diretto dell’attività cerebrale durante la percezione e la produzione di suoni musicali.
Spesso si considera la musica come il... linguaggio delle emozioni: la sua capacità di evocare e esprimere emozioni ne costituisce la caratteristica fondamentale e primaria. La musica esprime emozioni che gli ascoltatori percepiscono, riconoscono, o da cui vengono emotivamente toccati. Inoltre, diversi studi hanno suggerito che il motivo più comune per cui si ascolta la musica è quello di poter influire sulle emozioni, per modificarle, per liberarle, per sintonizzarsi con il proprio stato emotivo, per rallegrarsi o consolarsi, o per ridurre lo stress. Indubbiamente, i dati indicano che la maggior parte delle persone fa esperienza di musica (in qualche modo, da qualche parte) ogni giorno della propria vita, spesso associandola a una reazione affettiva di qualche tipo (per esempio, il riconoscimento nostalgico di una delle proprie canzoni preferite ascoltata alla radio, la frustrazione verso una certa musica diffusa in un centro commerciale, la gioia di ascoltare un magnifico concerto dal vivo, la tristezza evocata dalla colonna sonora di un film).
Eppure, il fatto che la musica possa evocare emozioni profonde è un mistero che ha affascinato gli studiosi fin dall’antica Grecia. Perché reagiamo alla musica con le emozioni, anche se la musica non sembra avere implicazioni per i nostri obiettivi di sopravvivenza? Come possono dei "semplici suoni" coinvolgerci così tanto? Spiegare come e perché la musica possa evocare emozioni in chi l’ascolta.... è estremamente importante, dal momento che la musica viene già utilizzata, in società, in una molteplicità di modi che presumono la sua efficacia nell’evocare emozioni, come la musica da film, il marketing, la musicoterapia. È vero che si stanno gradualmente accumulando dati che dimostrano come la musica abbia effetti benefici sulla salute, il che potrebbe essere impiegato sistematicamente nella misura in cui riusciamo ad avere una comprensione dei suoi meccanismi sottostanti. L’emozione è altresì centrale al processo creativo della musica, sia nell’esecuzione che nella composizione musicale. 

Molti musicisti hanno sottolineato il ruolo cruciale delle emozioni nella scrittura, apprendimento e interpretazione della musica.
Se l’interesse per l’elaborazione cerebrale della musica affascina i neuroscienziati da oltre un secolo, è solo nell’ultimo decennio che l’argomento è diventato un ambito di studio intenso e sistematico, e questo perché in ambito neuroscientifico ci si è resi conto che la musica offre un’opportunità unica ( con varie frequenze)  per comprendere meglio l’organizzazione del cervello umano, sollevando quesiti importanti su una varietà di funzioni cognitive complesse: essa rappresenta infatti un prezioso strumento di indagine non soltanto per i sistemi uditivi e motori coinvolti nella percezione e nella produzione musicale, ma anche per le interazioni multi-sensoriali, la memoria, l’apprendimento, l’attenzione, la progettualità, la creatività e le emozioni...

MUSICA... 
ANIMA... 
AMORE... 
MAGIA... 
88 TASTI



               scegliere di suonare... non è una scelta... è una necessità... ti ha già rapito l'anima...
                      scegliere di non suonare... è una scelta... infernale... ma è una scelta...
 


BREVE STORIA DEL PIANOFORTE

Il primo prototipo del pianoforte si ebbe all'inizio del settecento, nel momento del maggior splendore dell'arte clavicembalistica. Fino a poco prima infatti vi era il predominio delle corde pizzicate, invece delle corde a percosse anche se erano nati il clavicordo e il pantaleon. Il primo modello di pianoforte fu messo a punto da Bartolomeo Cristofori, liutaio e cembalaro padovano alla corte fiorentina di Ferdinando de' Medici, a partire dal 1698. L'errore comune di far risalire lo strumento al 1711 è dato dal fatto che la notizia dell'invenzione fu scritta da Scipione Maffei nel "Giornale de' Letterati d'Italia" nel 1711. Per la precisione era un "gravi-cembalo col piano e forte", chiamato verso la fine del settecento con il nome "forte-piano" la novità era l'applicazione di una martelliera al clavicembalo. L'idea di Cristofori era di creare un clavicembalo con possibilità dinamiche controllabili dall'esecutore; nel clavicembalo infatti le corde pizzicate non permettono di controllare la dinamica. Anche per questo pianoforte e clavicembalo non appartengono alla stessa sottofamiglia. L'idea geniale di Cristofori fu appunto la meccanica moderna, ovviamente semplificata rispetto a quella odierna (scappamento semplice): smorzatori, martelletti indipendenti dalla tastiera, scappamento. Questo nuovo strumento permise ai nuovi interpreti di ottenere sonorità più o meno forti a seconda della pressione delle dita sui tasti, a differenza dell'organo e del clavicembalo. Uno dei primi problemi che si presentò fu quello dello scappamento (sistema che permette ad una corda di vibrare riportando il martelletto al proprio posto dopo che questo ha percosso la corda) che fu perfezionato da Cristofori nel 1720. Nel 1721 Christoph Gottlieb Schrőter presentò un modello di forte-piano all'Elettore di Sassonia a Dresda, senza successo. Il forte-piano non ebbe successo in Italia, ma l'idea finì molti anni dopo in Germania, dove il costruttore di organi Gottfried Silbermann nel 1726 ricostruì una copia esatta del pianoforte di Cristofori, che sottopose tra l'altro al parere di Johann Sebastian Bach, al quale piacque solo in un secondo momento. Piacque molto invece a Federico II di Prussia, che ne comprò sette per 700 talleri per arricchire i propri palazzi. Martelletti: le corde non vengono più pizzicate, ma percosse. Alla bottega dei Gottfried Silbermann si formò André Stein, il quale - dopo essersi reso indipendente - perfezionò ad Augusta in un proprio stabilimento i sistemi dello scappamento e degli smorzatori. Nel 1777 ricevette la visita di Wolfgang Amadeus Mozart, il quale fu molto entusiasta di come quello strumento potesse avere infinite possibilità espressive. I figli di Stein si trasferirono in seguito a Vienna dove crearono una fabbrica di fortepiani. A Vienna, Nanette, figlia di André Stein, sposò Andreas Streicher: per molto tempo i loro fortepiani furono considerati i migliori d'Europa.

Nel 1758 Christian Ernst Friederici creò il primo pianoforte "a tavolo" che assomigliava per molti versi al clavicordo e alla spinetta, però era più commerciabile perché costava e ingombrava di meno dei modelli "a coda". I primi "pianoforti verticali" furono creati forse nel 1780 da Johann Schmidt di Salisburgo o nel 1789 da William Southwell di Dublino. Alcune fonti fanno risalire i primi pianoforti verticali con quelli del sacerdote Domenico Del Mela, che in realtà erano a coda ma messi in posizione verticale, molto simili a i piano-giraffe del 1795 inventati in Inghilterra da Robert Stodart. I costruttori francesi più famosi furono Sèbastien Érar e Ignace Pleyel, i cui modelli piacquero molto a Chopin, Dussek e Thalberg...

 

(TRATTO DALL'ENCICLOPEDIA LIBERA DELLA MUSICA)

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