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Παρασκευή 8 Μαΐου 2015

William Shakespeare

Il Bardo

The Bard's Song
"Tomorrow will take us away
 Far from home
 Noone will ever know our names
 But the bards' songs will remain.
 Tomorrow all will be known
 And You're not alone
 So don't be afraid
 In the dark and cold
 Cause the bards' songs will remain
 They all will remain "


"FIRST FOLIO"


Pagina dopo pagina, nella luce color verde della lampada... mi lasciai trascinare in un turbine di emozioni sconosciute, in un mondo misterioso e affascinante popolato da personaggi non meno reali dell’aria che respiravo... leggere Shakespeare fa tremare le vene ai polsi... è come tracciare una mappa dell’ anima... un affresco nel quale i grandi temi dell’amore, del dolore e del tempo che scorre sono affrontati in mirabile equilibrio tra sentimento e forma.

La Tempesta, Amleto, Otello, Re Lear, Macbeth,  Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra, Giulietta e Romeo, Sogno di una notte di mezza estate, i Sonetti, etc... le passioni umane scatenate in un gioco... il dubbio tra vendetta e inazione, la gelosia e l'intrigo dei cortigiani, l'ingratitudine filiale, la follia di un uomo che vuole realizzare a ogni costo il destino (ingannevole) che gli è stato mostrato, l'amore sfrenato che conduce alla perdizione... l' Amore vero.
Comincio così... a modo mio,  una sorta di analisi che ci introduce nel grande laboratorio shakespiriano...

...e siamo ancora qui a interrogarci sulla sua reale identità, su chi fosse veramente... in qualche modo il mistero attorno alla sua figura sembra giocare un ruolo importante anche rispetto alla poetica dell'autore.
A 450 anni dalla sua nascita e a 398 anni dalla sua morte, Shakespeare resta colui che scorre nelle nostre vene più di chiunque altro, la fonte principale delle nostre ispirazioni...
ciascuno però ha una sua ragione personale per amare il bardo.
Voi perché amate Shakespeare?
Per me il Bardo è fonte quotidiana di fertilità ...un drammaturgo e poeta senza tempo o se preferite, per ogni tempo.


Credo che con il passare dei secoli ci si sia tutti affezionati all'immagine di William Shakespeare che lo vede squattrinato ad impugnare la penna per distrarsi dai morsi della fame... o il riflesso nebuloso di un uomo di cui si sappia poco e niente e del quale si possano solo intuire i contorni, come di una sagoma nel buio, attraverso le sue opere.
Ma la verità, che contraddice il celebre detto secondo cui l’intera vita di Shakespeare si potrebbe scrivere sul retro di un francobollo, è che Shakespeare l’uomo non ha molto di misterioso.
Fu scrittore, uomo di teatro.. attore.. baciato dal successo mentre era ancora in vita, ammirato a partire da coloro che abbiano condiviso lo stesso momento storico con lui, per proseguire poi, intatto, nei secoli successivi.
Sopravvivono registri che ci raccontano della sua famiglia, quella d’origine e quella da lui costruita, del suo battesimo, del costoso funerale pagato da William per il fratello Edmund, l’ unico altro Shakespeare a scegliere il teatro come scuola di vita e morto all’età di ventisette anni... dell’educazione ricevuta e messa ben a frutto e delle noiose avventure economiche, fino alla morte.
Non per questo ovviamente il suo fascino risulta diminuito e se il fascino risiede, almeno in parte, nel mistero, è vero che alcune zone d’ombra rimangono intorno alla sua fulgida luce... la sua grafia... per esempio... restano parole completamente misteriose... Shakespeare scriveva in un’epoca durante la quale la lingua inglese si andava riassestando dopo secoli turbolenti, con una struttura che si divincolava dagli influssi anglosassoni cercando un carattere proprio... per dare due numeri aveva a disposizione un lessico che si aggira intorno alle ventimila parole, una cifra piuttosto bassa secondo gli standard di oggi e che dimostra che non è il lessico a fare lo scrittore, ma il modo in cui lo utilizza.
Di queste ventimila circa duemila sono tutt'ora in uso nella lingua inglese, mentre più o meno un migliaio vanno interpretate come parole di una lingua perduta, il cui significato possa essere soltanto percepito attraverso sinonimi ed intuito grazie a quello dei termini circostanti.
Ma quello che rimane il mistero più grande, e probabilmente immortale, di Shakespeare è il perenne effetto che le sue opere ottengono, nonostante lo scorrere dei secoli e le metamorfosi delle culture. Piegando la grammatica ad esigenze metriche e di gusto... ha incastonato le più profonde pulsioni dell'uomo, guidandole in una forma che accoglie il rinnovamento senza abbandonare i miti del passato, ma anzi, offrendo loro un passaggio verso l’eterno potere su tutte le generazioni a venire.
La capacità intrinseca delle opere di Shakespeare di mutare... lasciarsi adattare e reinterpretare nei tempi più disparati e dalle voci più diverse è la loro qualità più magica... che le rende infinite, ponendo lo spettatore o lettore davanti ad un dilemma costante... lasciarsi cullare dal ritmo impeccabile di un verso o permettere che il significato di quel verso risuoni liberamente nel cervello e nel cuore.
Ma c’è un aggettivo solo che si possa accostare a dilemma... amletico.
E un dilemma amletico, in quanto tale, è una drammatica stasi tra due scelte ugualmente argomentate, il difetto che porta al blocco di una mente capace di vedere tutti i lati di un problema.
Essere o non essere, capire o sentire?
E non è, un dubbio come questo, un volatile ragionamento che ha il valore di una visione in sogno?
Fermo restando che si tratta soltanto del mio parere... e per di più espresso in maniera estremamente sintetica...la magia di Shakespeare secondo me risiede in questo... nelle frasi e nelle parole di Shakespeare coesistono in pace mille e altri mille livelli di comprensione, alcuni dei quali probabilmente ti echeggiano dentro anche senza che tu te ne renda completamente conto.
E Shakespeare è stato in grado di scrivere un sorriso, un pianto disperato, l’ amore più completo e la vendetta più cieca in un modo che risulta efficace per tutti gli esseri umani.
Ha ingabbiato con carta e penna le emozioni universali, quelle che ci uniscono tutti, quelle che fanno di noi una cosa sola... l’ umanità.
È colui che si è avventurato nelle profondità dell'animo umano ed è tornato a raccontarci come vadano le cose laggiù, perché non si sia costretti a farlo noi.
È colui che ha descritto la vita, e come disse Keats...
"Una vita che valga qualcosa è una continua allegoria, e pochissimi occhi possono coglierne il mistero."




Le storie che fanno da canovaccio alle opere di Shakespeare raramente sono inventate. Un segno in più di come per lui il tema sia secondario. E di come, al contrario, è il modo in cui lo si racconta a essere centrale. Sono le sue parole, il suo stile ad aprire una breccia dentro la quale noi possiamo decidere di infilarci. Ci segnala strade sconosciute che neanche lui ha esplorato fino in fondo e ci invita ad avventurarci.
Vai lettore... vai oltre… infilati in questo meandro e scopri cosa puoi trovare... sembra dirci.
Quando si legge o si ascolta Shakespeare, lo si comprende senza alcuna difficoltà, o quantomeno l’incanto in cui ci trascina ci obbliga a continuare nella lettura o nell' ascolto.
Ma se ci si ferma un attimo ad analizzare frasi e parole con maggiore attenzione... solo a quel punto risulta evidente che non sempre abbiamo capito davvero fino in fondo cosa Shakespeare volesse dirci.
Contengono aspetti enigmatici, che vanno oltre ciò che dicono...o magari... oltre al significato iniziale lasciano fluttuare nell'aria una nebulosa di altri significati... di echi... di possibilità interpretative... di ambiguità e contraddizioni che non trovano soluzione.





ESSERE O NON ESSERE...
Leggendo...
Avete mai letto Shakespeare con un occhio psicologico? 
Il drammaturgo inglese, pur non essendo un medico o uno psicologo, descrisse in molte delle sue opere situazioni in cui le sintomatologie fisiche dei suoi personaggi venivano causate da stress o forti emozioni. 

Un’ intuizione, ripresa e confermata da Freud tre secoli dopo, di come alcuni disturbi fisici possano essere prodotti o favoriti da fattori di ordine psicologico ed emozionale e del profondo legame, ormai conosciuto ma all’epoca non condiviso, esistente tra mente e corpo.



La poesia è medicina dell’anima? 
Sì, ma non solo. 
Basta leggere con attenzione le opere di William Shakespeare per accorgersi che il più grande dei drammaturghi aveva un sesto senso per dare alle emozioni dei suoi personaggi un volto “scientifico”. 
A svelare i dettagli di questa arte è Kenneth Heaton... medico e scrittore inglese, che ha esaminato a fondo 42 delle principali opere del drammaturgo inglese.. insieme ad altre 46 opere di suoi contemporanei ...per compilare un catalogo completo di malattie o disturbi causati da stress ed emozioni violente, tipiche manifestazioni dei protagonisti delle opere del “Bardo d’ Inghilterra". 
Il paragone tra il teatro di Shakespeare e un trattato di psicosomatica emerge dallo studio pubblicato Medical Humanities. Alcuni esempi: episodi di vertigini sono descritti in maniera superba in numerosi libri di Sir William, da “Romeo e Giulietta” all’ Enrico IV. Non mancano riferimenti a fenomeni di soffocamento e asfissia legati a emozioni fortissime che affiorano ben 11 volte nell ”Amleto”...nel Mercante di Venezia... in Così è se vi piace, nel Riccardo II e ancora una volta nella seconda parte dell’ Enrico IV. E ancora, i riferimenti ad altri disturbi psicosomatici, come la sensibilità al dolore oppure stati di confusione mentale o di udito disturbato sono presenti in altre opere di Shakespeare. 
Trovarli tutti, per il ricercatore, non è stato un esercizio fine a se stesso. Le narrazioni del poeta inglese.. spiega Heaton, “dovrebbero incoraggiare i medici a comprendere che i sintomi fisici possono avere cause psicologiche”.


“La percezione di Shakespeare che l’ intorpidimento o una sensibilità acuita possano avere un’origine psicologica sembra non essere stata condivisa dai suoi contemporanei, nessuno dei quali ha incluso questi fenomeni nelle opere esaminate", spiega lo studioso. Per Heaton, “troppi medici sono riluttanti ad attribuire sintomi fisici a disturbi emotivi, e questo causa diagnosi ritardare, esami strumentali eccessivi e trattamenti inappropriati”. 
E Shakespeare è stato preso a modello di questa regola per le sue straordinarie capacità di ritrarre nel profondo il turbamento emotivo dei suoi personaggi, mettendo in risalto la connessione mente-corpo, che in molti casi dà vita a vere malattie. Per esempio, l’affaticamento e la stanchezza dovuti al dolore e al disagio sono elementi che attraversano le pagine dell’”Amleto” e del “Riccardo II”, mentre forme di estrema sensibilità al dolore o di apatia emergono dal “Coriolano”, da “Re Lear” o da “Pene d’amor perdute”.


                                                                                            Il Matto (Re Lear)

PERCHE' LEGGERE SHAKESPEARE?
Credo sia straordinariamente affascinante leggere Shakespeare per scoprire cosa pensiamo ...e sentiamo.. noi..
e allora viaggiatori del nostro tempo...

Il miglior brain training?
Leggere Shakespeare
Un team composto da scienziati, studiosi e psicologi britannici dell’ Università di Liverpool sostiene che leggere opere classiche come quelle di Shakespeare e Wordsworth... i due più noti “William” della letteratura inglese ,ma anche altri autori come TS Eliot o Elizabeth Barrett Browning... etc... ha un impatto benefico su mente e cervello.
Come  base di uno studio pubblicato su "Perspectives" in Public Health, in cui si analizza l’impatto della letteratura nelle persone affette da demenza, un team di ricercatori del Centre for Research into Reading, Information and Linguistic Systems, Institute of Psychology, Health and Society dell’ Università di Liverpool ha stabilito che dedicarsi alla lettura di alcuni autori classici può essere assai benefico per il cervello... aumenta la capacità di attenzione e stimola momenti di auto-riflessione.
L’ 
azione sul cervello del leggere le opere di questi autori è stata monitorata per mezzo di una scansione a risonanza magnetica per immagini atta a rilevare le modifiche in determinate aree cerebrali.
La scansione ha permesso di osservare come, a seguito di questo genere di letture si accendesse letteralmente una scintilla. L’accensione di determinate aree, rilevata come una maggiore attività elettrica, si mostrava tuttavia soltanto quando i volontari leggevano le prose e le frasi originali, più impegnative, rispetto a quando leggevano le frasi riscritte in modo più semplice... come quelle adattate per un pubblico di bambini.
L’azione sul cervello delle frasi di questi poeti e scrittori classici si mostrava dunque di gran lunga maggiore e più persistente, che non letture più semplici. A detta degli scienziati, questo effetto dà una marcia in più al cervello della persona che viene stimolata, tra l’altro, al dedicarsi a maggiori letture.
I ricercatori hanno poi scoperto che la lettura della poesia, in particolare, aumenta l’attività dell'emisfero destro del cervello... la zona nota per essere collegata alla creatività e alla memoria autobiografica. Questo processo, secondo lo studio, aiuta il lettore a riflettere e rivalutare le proprie esperienze alla luce di ciò che ha letto.
Una delle conclusioni che può avere un impatto sulle credenze popolari è che questo genere di lettura può essere più utile per la mente e il cervello che non i libri di self-help... tanto di moda.
Secondo il professor Philip Davis... coautore dello studio... questa ricerca dimostra la potenza della letteratura classica nel deviare i percorsi mentali e creare nuovi pensieri, forme e connessioni sia nelle persone giovani che in quelle adulte o anziane.
Insomma, per gli scienziati non servirebbero tanti artifici o brain trainer per far funzionare al meglio mente e cervello, ma basta un po’ di sana letteratura classica. YES.


Mi pare che le neuroscienze abbiano solo confermato quello che già si sa da millenni, che un linguaggio inconsueto e complesso ci stimola più di un linguaggio ordinario e banale... per la maggior parte del tempo viviamo di luoghi comuni, che ci rassicurano e non ci pongono sfide. I grandi scrittori offrono uno scarto linguistico che ci chiama a essere più attivi... la maggior parte di noi si avvicina a Shakespeare o ad altri grandi poeti attraverso pesanti filtri scolastici... la vera sfida sarebbe leggere Shakespeare... senza sapere che si tratta di lui... rispondendo solo alle sue parole, ai suoi personaggi, alle sue trame e non al suo prestigio, nel bene o nel male... LUI, parla di amore, passione, gelosia, di regine, re, soldati, fate, gentildonne lontani nel tempo e nello spazio, eppure quando lo si legge senza filtri si ha sempre l'impressione che stia parlando a te e di te.
Leggere Shakespeare ha un effetto magnetico e terapeutico. Tutto merito del linguaggio innovativo...non solo il Bardo ha inventato nuove parole, tra le quali gossip e fashionable... ma le ha ordinate in un modo tutto suo. Sarebbe questo a far scoccare la "magia" neurologica... stimolando un'area del cervello tipica della visualizzazione. Ovvero, l'occhio della mente.
Questo autore non ha scritto solo "cose belle"... ma ha compiuto un rinnovamento.


SIPARIO...

"Che voi tremate?
Avete tutti paura?
Ahimè, io non vi biasimo, perché siete mortali" (Riccardo III)

Il campo d’azione di William Shakespeare fu un teatro che aveva bisogno di testi drammatici originali per sopravvivere,... rappresentare il mondo e sperimentare nuove forme di vita.
Negli ultimi decenni del Cinquecento... gli attori dei teatri pubblici londinesi crearono un sistema di produzione continua di spettacoli... basandosi su nuovi spazi e nuove relazioni professionali e sul costante apporto dei letterati.  Shakespeare rappresentava la vita... l’uomo... le mille pieghe e sfaccettature dell'animo umano... nei suoi drammi coesistono gioia e amarezza... riso e pianto... felicità e dolore, proprio come accade nella realtà della vita.
I drammi di Shakespeare diventano momenti di esplorazione e di sperimentazione legati a una tradizione che viene costantemente rivisitata, modificata, rielaborata in senso innovativo e creativo.
Il teatro shakespeariano è popolato da personaggi fortemente problematici e si pone come specchio di una società in trasformazione... con i suoi squilibri... le sue lacerazioni... i conflitti... i compromessi e tutte le sue complesse dinamiche che delineano così il nuovo modello della società del Seicento.
Il mondo moderno... il mondo di Shakespeare è un mondo in cui le vecchie regole sono ormai sconnesse e l’uomo si trova di fronte alla possibilità e alla responsabilità di ripensare e di ricostruire un intero universo... con nuove regole e con un nuovo sistema di valori.




CHE CAPOLAVORO È L’UOMO.... 
GUARDARE IL MONDO CON GLI OCCHI DI SHAKESPEARE

William Shakespeare di Stratford
John Florio, l'alter ego di Shakespeare
William Shakespeare
Nei suoi documenti matrimoniali del 1582 troviamo che i modi di scrivere il suo cognome sono Shakspere e Shagspere. Fatto strano ed unico nella storia della letteratura... in molte opere del tempo il nome "Shakespeare" compare scritto con un trattino, "Shake-speare"... dando forza all' idea che Shakespeare sia un nome costruito per uno scopo puramente intellettuale... parafrasando ciò che scrive Ben Jonson nel Folio del 1623 "una penna" (speare) "agitata" (shaked) contro l'ignoranza.



Beh... uno sguardo su una grande questione attraverso le parole di una grande autore,  autorevole direi... che ci permette di guardare meglio certe cose che ci riguardano. 
Come è stato detto molte volte... i classici sono quelli che continuano a parlarci di noi più che quelli che parlano di loro stessi.

In questo senso... parlare di un autore come Shakespeare, non è parlare di una cosa del passato, ma è parlare di qualche cosa che ri-accade continuamente anche oggi, perché quando si leggono le parole di un poeta, di un grande autore, la sua contemporaneità a noi è evidente, e supera d’un soffio la distanza di secoli di cultura.
Quindi... che capolavoro è l’uomo oh... fa un po’ tremare se uno pensa a se. 
Io sono un capolavoro? 
Cosa vuol dire che io sono un capolavoro?
Cosa vuol dire che “io”, l'uomo... è un capolavoro?

Shakespeare è noto presso gli autori di opere teatrali della sua epoca anche per aver introdotto nella sua opera fate e spiriti. Nel La Tempesta si tratta di spiriti, c’è un mago che è in grado di formare tempeste in mezzo al mare ed evocare musica paradisiaca, mentre nel Macbeth ci sono tre streghe che sono apparizioni, c’è un gatto fantastico e un fantasma molto sanguinario. E quindi come Shakespeare può dimostrare la realtà... la realtà, naturalmente, di cui parla, è, per citare Amleto, “più di una realtà puramente materiale”. "Ci sono più cose (Orazio) in cielo e in terra di quante possano essere immaginate dalla tua filosofia". 
La realtà in tutta la sua scintillante presenza si rivolge a qualcosa di più profondo dentro di noi e propone un quesito... siamo trascinati in un mistero che inizia all'interno di noi stessi. In questo senso il mondo teatrale incantato di Shakespeare parla alle esigenze dell'uomo, per le quali noi siamo veramente quelle "cose di cui sono fatti i sogni". In questo senso siamo dei capolavori di Dio.
La primavera, l’estate e il fecondo autunno, l’inverno rabbioso, si scambiano le livree abituali e il mondo stupefatto non riconosce più i frutti delle stagioni, e questa progenie di mali nasce dalle nostre liti e discussioni... ne siamo noi l’origine...



Ma è con l’ultima opera di Shakespeare.. (che possiamo capire).. con la quale egli si allontana dalle scene.
La Tempesta, la storia di un mago... che è una metafora, è un’immagine dello scrittore teatrale... il mago e lo scrittore teatrale fanno succedere le cose con la parola ...che, umiliato e esiliato dal fratello che ne ha preso il posto, alla fine lo reincontra e lo perdona. E torna uomo tra gli uomini e alla fine... con uno strano epilogo... il mago Shakespeare si congeda dal suo pubblico dicendo... - "Ora la forza che ho è solo mia e la mia fine sarà disperata"... un uomo così buono, un uomo così nobile, che ha già perdonato i suoi nemici, "a meno che non venga soccorso da una preghiera che sia così dolce da muovere a compassione la stessa Divina Misericordia". 
Questo è in fondo l’esito vero di cosa vuol dire per Shakespeare tragedia o commedia. Ci sono storie in Shakespeare che vanno bene, che vanno dal male al meglio, e sono le commedie, ci sono storie che vanno dal bene, o da una situazione di stasi, al peggio, che sono le tragedie. Ma la vera tragedia e la vera commedia sono, per Shakespeare, la tragedia il fatto che, alla fine, l’uomo si escluda da questo scambio reciproco di amore e di perdono, dalla scoperta di questa necessità e dalla gioia di vederla succedere e, invece, la commedia, la gioia, quando anche dentro il dolore, la morte, la sofferenza, l’uomo si apre a questo abbraccio. Questo è, per Shakespeare, il marchio della nostra divina dignità... non quello che facciamo, non quello che ci riesce e neanche quello che non ci riesce. 
L’ uomo continuamente, nei punti più intensi della propria vita, vede schiudersi questa porta, che dalla trama dei nostri rapporti quotidiani arriva fin sulla soglia di quel trono e di quel Re nella cui figliolanza siamo anche tutti principi, come il principe Amleto. 
Questa è la sfida contenuta in ogni amore autenticamente umano, è in questo che noi iniziamo a scoprire, in questo sguardo infinito, il nostro infinito valore, come Shakespeare aveva detto in uno dei suoi sonetti più belli: 

"Quando in disgrazia con la Fortuna e gli uomini,
tutto solo piango il mio triste stato, 
e importuno il sordo cielo con futili lamenti, 
e valuto me stesso e maledico la mia sorte,
paragonandomi a chi è più ricco di speranze, 
invidiando dell'uno l'arte, dell'altro il potere, 
minimamente contento di quanto io posseggo,
Quasi disprezzandomi in questi miei pensieri, 
mi capita talvolta di pensare a te,
e allora, come allodola che si libra dalla grigia terra all'alba, 
canto inni di gioia alle porte del cielo.
Il ricordo del tuo dolce amore tale dovizia arreca 
che io disprezzo di cambiare il mio stato con un Re".


                                             Chi semina amore ...raccoglie felicità W. S.

AMARE

Quindi, e questo è un ottimo avvertimento, è come se tutte le supposizioni e le nostre letture debbano avere sempre una sorta di pudore dentro... così come non conoscendo l’anima di una persona, puoi giudicarla, ma mai completamente, mai definirla. Così anche un grande autore come Shakespeare... e tutti gli autori non puoi mai possederli fino in fondo.
Quindi è un segreto, ma è un segreto in cui c’è un aspetto che Shakespeare rimette sempre in gioco, che è il suo segreto del nostro segreto e per questo lo sentiamo sempre contemporaneo. E’ appunto il grande segreto della libertà, come lui dice in un sonetto..."
Come si fa a stare in questo immenso palcoscenico che presenta solo apparenze?".
La libertà, cioè il segreto di ogni uomo è che cosa motiva, che cosa posiziona l’uomo in questo immenso palcoscenico Il problema è qual è la tua libertà, cioè qual è la posizione con cui tu vivi, partecipi, accetti, ami, perdoni, combatti in questo teatro. Shakespeare mette in scena nelle sue infinite storie questo problema, che era il suo problema evidentemente di uomo e che è anche il nostro.
E la libertà, e qui finisco, non sta tanto nel fatto che puoi scegliere che posizione avere, la libertà non è la scelta... la nostra libertà non sta nel fatto che posso scegliere se guardare questo teatro di apparenze come introduzione a una realtà più grande e più profonda oppure guardarlo come pura ombra e inganno di inganno. 
La mia libertà non sta nello scegliere questa posizione o un'altra o le infinite posizioni mediane che ci sono, per cui alcune cose sono reali e altre cose sono apparenze, perché nella vita le scelte su queste cose le trattiamo molto realmente, molto ponderatamente, molto gravemente. La vita è così. La libertà vera si compie nel fatto di riconoscere qual è la tua vera natura. Perché se non riconosci la tua vera natura, non sei libero. Dove inizia la mancanza di libertà? 
Inizia nel non sapere chi sei, e che cosa vuoi... è lì che inizia la schiavitù. 
La vera libertà sta nel fatto che tu sai chi sei, cosa sei...e cosa vuoi... e combatti per questo...
Perché noi non ci sentiamo più liberi quando ci dicono: "questa sera fai quello che vuoi", ma quando qualcuno ci dice..."sei infinito, per me sei infinito, per me vali infinitamente". 



Lì ci sentiamo liberi, in quel momento... amati e liberi.

Grazie,per il vostro tempo...
liberi di scegliere...
...e scrivere poesie, è già una storia d'amore.



O! never say that I was false of heart,
Though absence seem'd my flame to qualify,
As easy might I from my self depart
As from my soul which in thy breast doth lie,
That is my home of love... if I have ranged,
Like him that travels, I return again,
Just to the time, not with the time exchanged,
So that myself bring water for my stain.
Never believe though in my nature reigned,
All frailties that besiege all kinds of blood,
That it could so preposterously be stained,
To leave for nothing all thy sum of good,
For nothing this wide universe I call,
Save thou, my rose, in it thou art my all.