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Πέμπτη 31 Ιανουαρίου 2013

Pier Paolo Pasolini...

                                                                       dedicato
   ...LE 3 P: PIER PAOLO PASOLINI...
   ...LE 3 S: SCOMODO, SCANDALOSO, SOVVERSIVO...




     SUPPLICA A MIA MADRE
                                     
 E' difficile dire con parole di figlio
      ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio
         Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
              ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.
              Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
             è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
         Sei insostituibile. Per questo è dannata
       alla solitudine la vita che mi hai data.
           E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
             d'amore, dell'amore di corpi senza anima.
          Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
            sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
          ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
         alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l'unico modo per sentire la vita,
    l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita
 Sopravviviamo: ed è la confusione
 di una vita rinata fuori dalla ragione.
            Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
          Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile...
        P.P.P.

PASOLINI RIFERENDOSI ALLA MADRE..
"Mi raccontava storie, favole, me le leggeva. Mia madre era come Socrate per me... (anche per me... la mia). Aveva  una visione del mondo certamente idealistica e idealizzata. Lei credeva veramente nell'eroismo, nella carità, nella pietà, nella generosità. Io ho assorbito tutto questo in maniera quasi patologica"... e così si ritrovano... intatti gli insegnamenti di vita di Pasolini: il rifiuto del compromesso... l'amore per le grandi virtù... il coraggio di essere coerenti... di essere se stessi... anche se diversi dal prototipo sociale. Questo suo coraggio... questa coerenza, Pasolini li ha pagati con la vita...
Iniziamo così... con il suo grande amore per la madre... questo viaggio... di lettere... in lettere... che ci porterà a scoprire... capire... raccontare... e forse amare... una delle "voci"... più significative del '900... l'uomo Pasolini solamente l'uomo... tra amicizie... passioni... amori...


Per essere poeti, bisogna avere molto tempo ...P.P.P.

Pier Paolo Pasolini, nasce a Bologna il 5 marzo nel 1922 l’anno in cui Mussolini va al potere. Il padre, Carlo Alberto Pasolini è ufficiale di fanteria, di antica famiglia ravennate, la madre, Susanna Colussi, è maestra elementare, di famiglia contadina originaria di Casarsa della Delizia (Friuli Venezia Giulia).
Durante l’infanzia e l’adolescenza, a causa dei continui trasferimenti del padre (ufficiale di carriera), si sposta prima a Parma, quindi a Belluno, Conegliano, Cremona e Reggio Emilia... fondamentali rimangono i soggiorni estivi a Casarsa, "…vecchio borgo… grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana" l’incontaminato, primitivo puro mondo campestre a cui sarà strettamente legato il suo esordio letterario e a cui emotivamente lo scrittore rimarrà legato per tutta la vita.
Dopo il liceo 1939,  si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna dove vive... e come scrive lo stesso Pasolini sono gli anni dell'Ermetismo... "Amo la vita così ferocemente, così disperatamente, che non me ne può venire bene: dico i dati fisici della vita, il sole, l’erba, la giovinezza:… e io divoro, divoro, divoro… Come andrà a finire, non lo so".
In questo periodo... gli anni della guerra... della Seconda Guerra Mondiale, Pasolini studente laureando a Bologna... si recava sempre più di frequente a Casarsa, luogo di origine della madre, e dove lui soggiornava spesso e per lunghi periodi, e dove aveva molti amici. Nei primi mesi del 1943 la cerchia degli amici si ampliò, con l'arrivo a Casarsa di una violinista slovena, Pina Kalc, rifugiatasi in casa di parenti a seguito delle vicende belliche. E, mentre gli accadimenti di quella terribile guerra disperderanno gli altri amici, Pina, rimasta sola, si dedicherà al tentativo di instaurare con Pier Paolo un'amicizia esclusiva.
Di lei, Pasolini scriverà...


Pina Kalc

"La conobbi nel febbraio del '43 subito dopo mi divenne necessaria per il suo violino, mi suonò dapprima il moto perpetuo di Janácek che divenne quasi motivo del nostro incontro, e si ripeté in molte occasioni... la ricordo perfettamente nell'atto di suonarlo, con la gonna blu e la camicetta bianca... ma presto comincio a farmi udire Bach... erano le sei sonate per violino solista, su cui emergevano, ad altezze disperate, la Ciaccona... il Preludio della III, il Siciliano della I. Le centinaia di sere che abbiamo trascorso insieme, dal '43 all'estate del '45 quando, finita la guerra ripartì per la Jugoslavia, mi danno la solita disperazione dell'inesprimibile, del troppo unico; resta tuttavia la musica qualcosa di solido, di avvenuto senza equivoco... il che riassume tutta la nostra tempestosa amicizia nei momenti di calma, ad assenza delle incursioni aeree con allarmi che si ripetevano di giorno e di notte. Pina andava ogni giorno in casa Pasolini e dava lezioni di violino a Pier Paolo... dopo le lezioni eseguivano insieme qualche duetto  con visibile emozione. Infine Pina suonava da sola Bach.

Era soprattutto il Siciliano che mi interessava", narra Pasolini, "perché gli avevo dato un contenuto, e ogni volta che lo riudivo mi metteva con la sua tenerezza e il suo strazio, davanti a quel contenuto: una lotta cantata impassibilmente tra la Carne e il Cielo, tra alcune note basse, velate, calde, e alcune note stridule, terse astratte. Come parteggiavo per la Carne! Come mi sentivo rubare il cuore per quelle sei note, che per un’ingenua sovrapposizione di immagini, immaginavo cantate da un giovanetto siciliano dal petto bronzeo e ardente. E come invece sentivo di rifiutarmi alle note celesti!"...



Pier Paolo Pasolini e Johann Sebastian Bach come vite parallele? Il paragone non sembri azzardato. Pur nei percorsi naturalmente diversi dei due artisti, non solo per quanto riguarda le aspirazioni sociali, le idee politiche diremmo oggi, le frequentazioni o quant’altro, la vita di Pasolini e Bach si è incontrata su punti fondamentali della passione e realizzazione artistica.
"Bach è l’autore che amo di più"... scriveva Pasolini a proposito della scelta delle musiche per il suo primo film...
 un po’ per motivi irrazionali (quando pensavo di fare un film, pensavo sempre di commentarlo con musiche di Bach), un po’ perché per me la musica di Bach è la musica in sé, la musica in assoluto.
Le musiche di Bach accompagnano le scene di alcuni film di Pier Paolo Pasolini, oltre a essere, per sua stessa dichiarazione, tra quelle da lui più amate ...in particolare, quelle della Passione secondo Matteo... (nella Passione secondo Matteo... piuttosto che ripercorrere il calvario di Cristo... Bach preferì evocarne e meditarne la morte... l'opera è senza dubbio la più vasta che Bach abbia scritto... sia per le dimensioni davvero maestose della partitura, sia per il ricco complesso vocale e strumentale previsto... la caratteristica che contraddistingue la Passione secondo Matteo è l'impiego di un doppio coro) ...sono state utilizzate sia nella prima opera cinematografica di Pasolini, Accattone, sia nel Vangelo secondo Matteo.
Nel 1944, Pasolini scriverà uno Studio sulle sonate di Bach con molti paragoni letterari, quasi una ricerca di equivalenti, come, per esempio, alcuni passaggi musicali di una sonata e alcuni versi poetici...


 
Accattone. Music theme by J. S. Bach

Lo scrittore poco più che ventenne scrive il saggio incompiuto Studio sullo stile di Bach, analisi delle Sonate e Partite per violino solo nelle quali individua un antagonismo di forze antitetiche... il contrasto tra carne e spiritualità, qualcosa che sente forte anche in sé... peraltro nel momento in cui sta prendendo consapevolezza della propria omosessualità... Bach combatte il senso di morte che grava su Pasolini...
...scrive Pasolini ...a proposito del "Siciliano"...
"Nel Siciliano abbiamo  la musica eccezionale di Bach, che è forse più grande. Vi è un canto drammatico, tutto imprevisto, con aperture improvvise, secco, stagnante, crudo, con inopinati ritorni e pentimenti; e nostalgie; e richiami; e pause; e sfoghi; una drammaticità quasi psicologica, che non risolve mai nulla, e ricade nel vizio che voleva superare, drammaticamente e quasi fatalmente, come nella vita. La linea è spezzata, anzi frantumata; e tutto questo è richiesto dal dibattito delle due voci, dei due sentimenti. La fine è ad ogni accordo, e l’inizio è nella nota seguente; tutto sempre nuovo, cioè imprevisto, come nel dramma. L’udito è sospeso, e il cuore interrotto. La dolcezza carnale del canto amoroso non finisce di dilettare accoratamente, che subito, come a un volgersi di capo, odi, quasi non fosse mai cessato, quell’acerbo canto liturgico, che tuttavia serba, nell’astratta soavità della preghiera, qualcosa della soavità amorosa appena smorta sopra le labbra". "Il Siciliano quindi, rappresenta una possibilità di Bach ad essere diverso da quello che è stato; il suo unico rischio di crisi, come dicevo.
C’è nel Siciliano una voce caldissima: che si conclude, si corona in una voce altrettanto gelida...

I rapporti tra musica e poesia non sono di un’ equivoca musicalità, e nemmeno rapporti tra note e sillabe; ma, e mai, rapporti tra ritmo e sintassi, se proprio vogliamo salvare una somiglianza esterna... Un genio? sicuramente... ma anche un'anima sensibile...





All’inizio del 1945 si costituisce a Versuta l’ Academiuta di lenga furlana, (Accademia della lingua friulana)... (dovete sapere che il Friulano... è una lingua a tutti gli effetti non un dialetto... una lingua molto complessa chiamata "madrilenghe"... cioè lingua madre di origine neolatina... patrimonio culturale che già nel passato era stato considerato dallo stesso Dante Alighieri nel "De vulgari eloquentia")... una sorta di circolo culturale il cui scopo era la valorizzazione della lingua e della cultura friulana. Di essa facevano parte, oltre a Pasolini, il pittore Rico di Rocco, il cugino Nico Naldini, Cesare Bortotto, Renato Castellani, la Kalc stessa, e un nutrito gruppo di ragazzi, uditori delle lezioni che Pasolini teneva nella scuola improvvisata fra le mura domestiche.  Essi si riunivano nella stanza di una casa, la domenica pomeriggio; i membri dell’ Academiuta leggevano i propri scritti, e ...come ricorda Nico Naldini... durante una di tali riunioni, Pasolini lesse uno studio sulle “sei sonate” per violino di J.S.Bach, pezzi che spesso Pina eseguiva nel corso di quelle “domeniche dolcissime”.  Con certezza Naldini fa riferimento al saggio in questione. Pasolini non era particolarmente esperto di teoria musicale. Inutile aspettarsi dal suo scritto un’analisi approfondita in questo senso. Inoltre, a tratti, carica la musica e la figura di Bach di tinte romantiche (così come fortemente romantica appare in questo frangente la sua prosa) che, come afferma Roberto Calabretto, “fanno sorridere la nostra sensibilità ormai abituata a un rigore filologico ed interpretativo che evita questo modo di avvicinarsi alla musica di Bach”. Ma questa mancanza di attenzione filologica, questa “destorificazione” che in pratica il poeta di Casarsa compie nei confronti della musica bachiana, non gli impediscono di avvicinarsi ad essa con grazia e sensibilità inimitabili, integrando con pensieri e idee più compiute e risolte le considerazioni che su di essa aveva già espresso, e rendendo più poetico e immaginifico il suo approccio alla musica. La Kalc stessa si rende perfettamente conto di ciò, e di quanto profonda fosse l’immagine che scaturiva dalle parole espresse dalla penna di Pier Paolo...
"Prima il silenzio, poi il suono, o la parola. Ma un suono e una parola che siano gli unici, che ci portino subito nel cuore del discorso. Discorso, dico. Se c’è un rapporto tra musica e poesia questo è nell’analogia, del resto umana, di tramutare il silenzio in discorso".





Dall’ascetismo di Accattone alla fisicità opulenta e decadente di Salò, il cinema di Pasolini sembra compiere un percorso inverso a quello che Vittore Branca individua nel Decameron, dove, nella distanza che va dalle gesta libertine di Ser Ciappelletto alla tragica santità di  Griselda, lo studioso riconosce, in controtendenza con parte della critica, una visione del mondo e una poetica di Boccaccio ancora in parte legate all’ascetismo medievale. 
La prima fase del cinema pasoliniano (il ciclo “nazional-popolare”) si presenta come uno studio dell’èpos degli umili, degli emarginati, incentrandosi su una rappresentazione delle borgate sottoproletarie che Pasolini, con spirito agiografico laico e gramsciano, tende a “sacralizzare”, giovandosi anche dell’apporto della musica “sublime” di Bach. Questo periodo si apre con la “Passione” di Accattone e si chiude con quella del Vangelo secondo Matteo. Molti sono i temi e i motivi che legano le due opere e i loro protagonisti... un isomorfismo reso ancora più evidente dal comune utilizzo di alcune pagine bachiane... e in particolar modo dal Coro finale della Matthäus Passion (ascoltare).




Nell’universo cinematografico (e poetico tout court) pasoliniano, la componente musicale è un dato tutt’altro che trascurabile. Pasolini dà grande importanza alla musica, come si può capire anche dalla lettura delle sue sceneggiature, che presentano diverse indicazioni "musicali" nelle didascalie... il film nasce, già in fase di scrittura, con un’idea musicale di fondo... alla musica da film, inoltre, egli dedica un breve ma significativo scritto, una sorta di dichiarazione poetica... un piccolo vademecum della musica cinematografica.
Ma è in primo luogo dalla visione dei suoi film che ci si rende conto della grande ricchezza di spunti musicali presenti, e dell’importanza che Pasolini attribuisce al commento musicale. Egli, utilizzando in gran parte musica preesistente, di repertorio, fa riferimento a tradizioni diverse e variegate, senza alcun tipo di pregiudizio estetico o culturale... si rivolge così ai repertori di musica popolare (anche extra-europea) come a quelli di musica colta, passando per la canzonetta e brevi incursioni  nell’universo populare.
La presenza di brani del repertorio bachiano è uno degli elementi peculiari (oltre che di "rottura" linguistica) della prima fase del cinema pasoliniano.
Una tale scelta musicale risponde a un preciso gusto estetico dell’autore... quella di Bach è la musica prediletta da Pasolini, che aveva imparato a conoscerla e amarla dai tempi della sua formazione giovanile...

Ma torniamo al 1945... Nel 1945 Guido Alberto Pasolini (fratello amatissimo di Pier Paolo) diciannovenne, libero da impegni scolastici e temendo la chiamata da parte dell’esercito fascista, decide così di prendere la via della montagna e di unirsi ai partigiani. Susanna accoglie la notizia con forza e speranza, sapendo che la scelta di Guido è dettata da una grande determinazione e che la sua volontà non si sarebbe piegata di fronte a nessun impedimento. Guido parte da Casarsa, in treno, un mattino presto, e Pier Paolo lo accompagna alla stazione. I due fratelli acquistano un biglietto per Bologna per non destare il minimo sospetto negli agenti della polizia ferroviaria, Guido si dirige invece verso Spilimbergo, per poi giungere a Pielungo dove si unisce alla divisione Osoppo.
La complessa situazione politica porta allo scontro tra la brigata Osoppo-Friuli, azionista, e la brigata Garibaldi, comunista, per questioni di alleanze non condivise dai rispettivi comandanti; è in un clima di forte tensione che matura l’orribile episodio che va sotto il nome di strage di Porzûs, in cui quasi tutti gli osovani, che si battevano per un’Italia libera, vengono imprigionati e poi uccisi: tra loro c’è anche Guido. La morte del fratello getterà un’ombra sulla vita di Pier Paolo e sugli anni del dopoguerra in Friuli, accendendo in lui una più sentita motivazione politica.

Quanto sia il dolore di mia madre, mio, e di tutti questi fratelli e madri e parenti non mi sento ora di esprimere. Certo è una realtà troppo grande, questa di saperli morti, per essere contenuta nei nostri cuori di uomini.  Io per mio fratello posso dire che è stata la sorte del suo corpo entusiasta che l’ha ucciso e che egli non poteva sopravvivere al suo entusiasmo. Ora, gli ideali per cui è morto, il suo dolcissimo tricolore, se lo hanno rapito in un silenzio che non è ormai più nostro. E con lui tutti i suoi eroici compagni. E solo noi, loro parenti, possiamo piangerli pur non negando che ne siamo orgogliosi, pur restando convinti che senza il loro martirio non si sarebbe trovata la forza sufficiente a reagire contro la bassezza, e la crudeltà e l’egoismo, in nome di quegli ideali per cui essi sono morti. Ma noi alla società non chiediamo lacrime, chiediamo giustizia.....in cui quasi tutti gli osovani, (Osoppo FVG) che si battevano per un’Italia libera, vengono imprigionati e poi uccisi (P.P.P.)




Pier Paolo scrive queste righe di suffragio quando, il 21 giugno 1945, la salma di Guido giunge a Casarsa, dove viene tumulata nel cimitero comunale. Susanna è distrutta dal dolore e quest’esperienza di profonda sofferenza la avvicina maggiormente a Pier Paolo. Nel frattempo giunge a Casarsa anche Carlo Alberto (il padre), dopo la prigionia in Kenia: la sua presenza incrementa ulteriormente la tensione familiare. 

NOVEMBRE 1945......la Liberazione dell’aprile 1945 pone fine ai momenti più difficili e precari determinati dall’eco intermittente della guerra. Pasolini può ritornare a Bologna e presentare a Carlo Calcaterra il lavoro conclusivo del suo cammino universitario: completa così gli studi universitari discutendo, il 26 novembre del 1945, una tesi di laurea dal titolo "Antologia della lirica pascoliana" (introduzione e commenti). Si stabilisce poi a Casarsa e trova lavoro, come professore di Lettere, in una scuola media del vicino borgo di Valvasone... in Friuli cerca di intessere la trama del suo futuro intellettuale... riflessioni... poesia... letture... alla ricerca di una strada certa da percorrere...


"Il vespro mi riportava nel Friuli, tra le care foglie, e l’odore della polenta che indovinavo nelle tinte smorte e accecanti dei tronchi, dei muri, mi fece pensare a mia madre con tenerezza insostenibile" P.P.P.
Il Friuli... per Pier Paolo Pasolini... è "terra-madre"... Casarsa quella terra di mezzo tra Udine e Pordenone...





L’esperienza didattica di Versutta si protrarrà per tutto il 1947 e sarà considerata da Pasolini come tra le più appassionanti vissute durante il periodo friulano... perché indirizzata ai figli dei contadini... rappresentanti di quella che Pasolini definì una "piccola comunità cristiana, giunta quasi miracolosamente dal Medioevo ai giorni nostri con verginità di lingua e inalterati valori evangelici di vita". Quello di Versutta fu un esperimento didattico destinato a lasciare un ricordo memorabile nei suoi allievi, visto l’interscambio continuo di esperienze culturali, di emozioni e di giudizi, che poneva quasi sullo stesso piano allievo e maestro. Ma i campi e le stradine del minuscolo borgo friulano, dove spesso il poeta si concedeva lunghe passeggiate o pedalate, furono teatro di altre "avventure" del giovane Pasolini... nel 1943 infatti fu lui... impegnato in quel periodo in alcuni esperimenti nella pittura a olio e nel disegno a china, a far riaffiorare, sfregando su suggerimento dell’amico pittore Rico De Rocco alcune cipolle sui muri della chiesetta di Sant’Antonio Abate... parte dei trecenteschi affreschi di scuola giottesca nascosti sotto un intonaco apparentemente anonimo. 





Nel capoluogo invece, il Pasolini cultore d'arte si lasciò affascinare dalla storia della lapide conservata nella chiesa di Santa Croce, testimone di quel voto alla Madonna del 1529 che, ricordando lo scampato pericolo turco, gli ispirò il dramma teatrale "I Turcs tal Friul" (I Turchi nel Friuli), affresco senza tempo dell’anima e della società contadina, rappresentato per la prima volta postumo, nel 1976... se l'attività come insegnante... anche successiva agli anni dell'esperienza di Versutta... tributò a Pasolini la stima di molti suoi compaesani, l'impegno politico come segretario del locale partito comunista, unito alla sua risaputa e mai nascosta omosessualità... non piacquero ai casarsesi più conservatori... a destare i primi malumori furono alcuni manifesti di accesa rivendicazione politica affissi  da Pasolini nel 1949 sui muri della loggia di San Giovanni, una frazione di Casarsa. «Noi poveri siamo come il bue, abbiamo una gran forza e ci portano con una cordicella al macello», si leggeva su questa specie di tazebao, scritti in friulano per essere compresi da tutti.





La partecipazione di Pasolini al grande sciopero dei braccianti contro il rifiuto dei proprietari di concedere una più equa distribuzione delle terre (da cui nascerà, nel 1962, il romanzo di sapore verista Il sogno di una cosa) fu la goccia che fece traboccare il vaso... L'insofferenza nei confronti di Pasolini si trasformò in aperta ostilità e un incontro al buio con tre ragazzini, che il poeta avrebbe consumato durante la sagra di Ramuscello, un paese non lontano da Casarsa, arrivò per caso all'orecchio di un paesano moralista, diventando il pretesto per un’accusa formale di corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico. La sentenza di assoluzione nel processo intentato a suo carico, e l'appello che i genitori degli alunni della scuola media di Valvasone, dove Pasolini era insegnante amato... apprezzato, rivolsero al Provveditore agli Studi perché non fosse allontanato dalla cattedra, arrivarono troppo tardi... Pasolini, travolto dallo scandalo, aveva già abbandonato per sempre Casarsa, nella notte del 28 gennaio 1950, per trasferirsi a Roma con la madre. Il rapporto del poeta con il Friuli si interrompe definitivamente... dal momento che Pasolini... ritornerà nella sua terra di origine solo sporadicamente e per brevi visite...

Ma torniamo al 1946... data molto importante per Pasolini... l'incontro con Zigaina...
Giuseppe Zigaina vive nel nord-est dell'Italia... Cervignano del Friuli... luogo dov' è nato e vive tuttora in una casa-studio circondata da prati verdissimi... a pochi chilometri dal mare Adriatico. A sud il cielo è illuminato dalla luce riflessa di una grande laguna, mentre a settentrione, nelle giornate terse d'inverno... s'intravedono le cime innevate delle Alpi. La Slovenia è appena oltre l'Isonzo... e l'Austria la si può raggiungere in mezz'ora di macchina... è in questa terra di confine che Zigaina, nella primavera del 1946 ha incontrato Pier Paolo Pasolini.
Pasolini era noto nell'ambiente culturale friulano per la sua straordinaria vivacità intellettuale... come d'altra parte Zigaina di due anni più giovane di lui, che all'epoca si stava già rivelando come uno dei più interessanti pittori italiani...

Scrive Zigaina..."Al nostro primo incontro - ricordo che era una mostra di pittura, in una primavera che aveva la freschezza dell'origine del mondo - lui mi chiese :"Di dove sei? "e io gli risposi: "Sono nato a Cervignano del Friuli". E lui di rimando "Pensa, io sono di Casarsa della Delizia". Non sapevo ancora che l' accostamente di "casa-arsa " a "delizia" si chiamasse ossimoro, né potevo supporre che quella figura retorica sarebbe diventata il suo emblema di scrittore. Delle sue parole io colsi tuttavia il senso, perché Pasolini lo espresse con il corpo. Lo espresse con gli occhi al cielo e le mani aperte come un santo nell'atto di essere decollato". 
"La nostra amicizia è nata proprio per un indefinibile, qualcosa che non ci siamo mai detti, ma che ognuno di noi, per proprio conto, sapeva. Io ero "ontologico", per lui, diceva Pier Paolo, come lui lo era per me...


Pasolini e Zigaina a Grado
                               
Per la loro amicizia, fondata oltre che su una naturale empatia, anche su comuni idealità estetiche e politiche, i due giovani artisti si trovarono a collaborare nella redazione di un libro di poesie e disegni che, con il titolo Dov'è la mia patria, costituiva già il "manifesto" di quella che sarebbe stata, poi, negli anni futuri, una comune linea culturale; sia in relazione alla particolarissima identità friulana, sia per quanto riguardava in prospettiva l' Europa... Nel 1955, dopo aver visto una mostra di Zigaina alla Galleria del Pincio di Roma che gli ricorda le atmosfere della terra friulana, Pasolini, colto da grande commozione, dedica all'amico un lungo poemetto.

E il vento, che da Grado o da Trieste
o dai magredi sotto alle Prealpi,
soffia e rapisce dalle meste
voci delle cene, qualche palpito
più puro, o nel brusio delle paludi
qualche più sgomento grido, o qualche
più oscuro senso di freschezza nell'umido
deserto degli arativi, dei canneti,
delle boschine intorno ai resultumi
Sono sapori di quel mondo quieto
e sgomento, ingenuamente perso
in una sola estate. in un solo vecchio
inverno - che in questo mondo diverso
spande infido il vento. Ah quando
un tempo confuso si rifà terso
nella memoria, nel vero vento che sbanda
per qualche istante, che sapore di morte...


Nel 1968 Pasolini chiama Zigaina a collaborare al film Teorema in qualità di "consulente per il colore e le tecniche pittoriche". In realtà gli fa eseguire tutti i grandi disegni che nel film appaiono come opera "del giovane pittore folgorato dall'Ospite misterioso".
 
Maria Callas and PPP

Nel '69 è Zigaina che fa scoprire a Pasolini la laguna di Grado dove l'anno successivo girerà alcune scene di Medea



La protagonista è Maria Callas. Che, attraversando ogni giorno la laguna sulla barca di Zigaina per raggiungere il set, gli confiderà il suo amore impossibile per Pasolini. 



Sarà ancora Zigaina a consigliare al suo amico i cori bulgari per la colonna sonora. L'anno successivo Pasolini è a Bolzano per girare alcune scene del Decameron. Improvvisamente, appena iniziata la novella di Ciappelletto, il regista interrompe la lavorazione del film e chiede a Franco Rossellini, il produttore delegato, di affidare a Zigaina la parte del "Frate Santo". La troupe resta inattiva per tre giorni. La lavorazione riprenderà solo quando Zigaina, dopo essersi letto il copione, accetta di vestire le vesti del frate.

 
l'amicizia di Pasolini e Zigaina
   "la conoscenza è folgorante
            la verifica viene dopo non prima
        come... quando ci si innamora
       in definitiva"...
                           
Pasolini, che amava molto dipingere, scriveva in quegli anni d'arte figurativa... era fatale dunque che dedicasse alcune recensioni alle prime mostre di Zigaina. Anzi, nel 1947, egli dedicò alcuni articoli a una importante rassegna dedicata al ritratto dove i due amici si trovarono insieme ad esporre... scriveva Pasolini nel 1947: "Ma sì, noi non sappiamo disgiungere l'uno dall'altro i due problemi, quello del decentramento nazionale e quello dell'accentramento supernazionale. E sarà forse ardito ma non ingiustificabile pensare a questo proprio adesso, che, finiti i giri di valzer dell'Italia, cominciano forse i giri di valzer dell'Europa."
Se teniamo presente che nel dopoguerra la sinistra italiana era contraria al regionalismo.... sognando, essa, il mitico stato nazional-popolare di Gramsci.. potremmo dire che già in quel lontano periodo si stava delineando "l'empirismo eretico"di Pasolini. Da parte sua Zigaina, in contrasto con la corrente migratoria degli artisti verso i centri di Roma e Milano, se non di Parigi, decide di restare nel suo Friuli per portare avanti quella che poi si rivelerà la quasi ossessiva specificità della sua pittura: la "mitizzazione" degli emblemi costitutivi del "suo" territorio: un territorio dell'anima, tra sogno e realtà. Cosi nascono le immagini delle "biciclette" operaie, delle "ceppaie", delle "farfalle notturne", dello smisurato sacrario di guerra di Redipuglia ("elenco telefefonico della morte" lo chiamerà Zigaina), dei "paesaggio-anatomia", fino alle incombenti "nuvole-astronavi" sulla laguna di Grado.


In uno scritto degli anni '70 Pasolini... scrive... "Zigaina, in qualche modo (a chi lo conosca anche di persona) rivela la doppia vita del suo io interiore e del suo io di comodo. Perché nessuno che dipinge come lui vive come lui, e nessuno che vive come lui dipinge come lui. Zigaina ha esorcizzato la realtà dandole sempre ragione, cedendo, assentendo, sorridendo: ma poiché sarebbe impossibile far questo con tutta la realtà, egli l' ha prima di tutto ridotta quantitativamente come "teatro fisico" del suo agire: ed ecco il Basso Friuli e la laguna. Ma mentre egli passa la vita in questo luogo, con queste persone, una vita quasi idillica e quasi edonistica, eccolo che dipinge tutto l'orrore di Redipuglia "lo sterminato cimitero della prima guerra mondiale" con una sontuosità cromatica che non cancella la disperazione quasi psicotica (se non altro quella della psicosi che viviamo ogni notte sognando). Non c'è coerenza tra la sua vita e la sua pittura, ma poiché questa coerenza fa parte dell'oggettività, Zigaina la ontologizza e la dà per scontata. Nella bellissima casa di Zigaina sul verde prato di Cervignano, si bevono vini meravigliosi, e si vive un'ospitalità sinceramente, profondamente carezzevole: ma il suo studio è come un piccolo campo di concentramento, con tutte le atrocità vissute da un Io che vi si dibatte, sotto la carezzevole crosta degli olii, la cui superficie esprime la stessa sensibilità ridente e affettuosa che pervade l'intera vita di Zigaina, ma il cui fondo..."




A questo profondo rapporto di amicizia che legò i due artisti è stata dedicata la mostra "Zwei Flusse – Giuseppe Zigaina / Pier Paolo Pasolini", aperta mercoledì 26 settembre, alla Guardini Galerie di Berlino, dove le opere di Zigaina erano esposte fino al 7 dicembre 2012.


Arriviamo agli anni di Pasolini a Roma... i primi anni romani sono difficilissimi, proiettato in una realtà del tutto nuova e inedita quale quella delle borgate romane... sono tempi d'insicurezza, di povertà, di solitudine.
Arriva a Roma dunque. E ricomincia. Com'è il rapporto con la città? Chi conosce? A chi chiede aiuto per lavorare? Dove abita? Chi frequenta? Chi sono i suoi amici? Come si evolve il suo pensiero?  E lui, cosa dice? Pasolini, piuttosto che chiedere aiuto ai letterati che conosce, cerca di trovarsi un lavoro da solo... tenta la strada del cinema, ottenendo la parte di generico a Cinecittà, fa il correttore di bozze e vende i suoi libri nelle bancarelle rionali.
Finalmente, grazie al poeta di lingua abruzzese Vittori Clemente trova lavoro come insegnante in una scuola di Ciampino.
Sono gli anni in cui, nelle sue opere letterarie, trasferisce la mitizzazione delle campagne friulane nella cornice disordinata della borgate romane, viste come centro della storia, da cui prende spunto un doloroso processo di crescita.

Imparò presto a conoscere anche il Lazio nel quale ambientò per esempio “Il Vangelo secondo Matteo” nei pressi di Viterbo. Mentre girava le prime sequenze del film, tra Bassano in Teverina e Bomarzo, nello straordinario paesaggio della Tuscia viterbese a Chia, acquistò una bellissima e suggestiva torre medievale, diventata un suo rifugio letterario nel quale si ritirava a scrivere... il Lazio lo aveva colpito: “Questa regione, che per miracolo si è finora salvata dalla industrializzazione, questo Alto Lazio come Viterbo e i villaggi intorno, dovrebbero essere rispettati proprio nel loro rapporto con la natura. Quel che va difeso è tutto il patrimonio nella sua interezza. Tutto, tutto ha un valore: vale un muretto, vale una loggia, vale un tabernacolo, vale un casale agricolo. Ci sono casali stupendi che dovrebbero essere difesi come una chiesa o come un castello...”.


P. P. Pasolini e Alberto Moravia
                                         

Sono gli anni delle tavolate fra Trastevere e piazza del Popolo. Con Pasolini c’erano Laura Betti, Elsa Morante, Alberto Moravia, Carlo Levi, Sandro Penna… Cambria, nel 1960, sarà pure fra gli attori di Accattone, il primo film di PPP... dirà: “L’unica nota stonata era il cinismo con cui Franco Citti...(l'Accattone nel suo film) trattava Pier Paolo, i ragazzi di vita ostentavano arroganza e sfotto, tipici forse del sottoproletariato romano. Così, alla fine osai chiedergli: ‘Pier Paolo, non ti pare di rubare vite che non ti appartengono?’ E lui, col suo sorriso mite, mi rispose: "Tutto quello che un autore ruba, lo paga a caro prezzo"...


Raccontano gli amici... Pasolini mangiava poco, non beveva alcolici, non fumava. Era un uomo sportivo nel vero senso della parola. L'abitudine al moto, alla corsa, era nata spontanea nella sua infanzia itinerante, rafforzata dalle successive, diverse gioventù... quella ludico-vacanziera del Friuli e quella liceale-universitaria di Bologna... aveva un fisico perfetto, nerboruto, mai un chilo di troppo addosso. Non tutti sanno quanto lui fosse innamorato, appassionato, fanatico del gioco del calcio, alla domanda di Enzo Biagi -"Senza cinema, senza poesia, cosa le sarebbe piaciuto diventare?
Pasolini rispose... il calciatore... ma non uno qualsiasi... il più bravo".
Il Pasolini calciatore sorrideva di più, si divertiva di più, scherzava di più di altri Pasolini. Però il suo calcio, partite su partite, gol che non arrivano, arrabbiature che non finiscono con un'azione di gioco, somiglia ad altri Pasolini, perennemente alla ricerca di qualcosa che sfugge, che scappa via: un linguaggio, una strada per comunicare, un genere umano...




SCRIVE PASOLINI:
«I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone
sui Prati di Caprara (giocavo anche sei-sette ore di seguito, ininterrottamente:
ala destra, allora, e i miei amici, qualche anno dopo, mi avrebbero chiamato
lo “Stukas”: ricordo dolce bieco) sono stati indubbiamente i più belli della mia vita.
Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso. Allora, il Bologna
era il Bologna più potente
della sua storia: quello di Biavati e Sansone, di Reguzzoni
e Andreolo (il re del campo), di Marchesi, di Fedullo e Pagotto.
Non ho mai visto niente di più bello degli scambi tra Biavati e Sansone
(Reguzzoni è stato un po’ ripreso da Pascutti).
Che domeniche allo stadio Comunale!»

PIER PAOLO PASOLINI


PASOLINI... marchiato... Rimbaud

Pasolini visse la propria condizione di "diverso" all'interno di una società di cui osservava con occhio spietato l'ipocrisia divenuta "normalità" e il progressivo e inesorabile disfacimento: condusse quindi una vita nella quale le sue stesse contraddizioni, il suo vero e proprio "sdoppiamento" dovettero essere per lui fonte di infinite sofferenze, lui era del tutto indifeso e non si appoggiava a nulla, come tutti i veri intellettuali. O meglio si appoggiava alla propria 'diversità', donde l'insopprimibile sua tendenza a scandalizzare cioè a volere intervenire nella vita pubblica senza, in precedenza, essersi disfatto delle sue tante anormalità. Egli sapeva di essere scandaloso; ma ignorava il pericolo mortale che correva scandalizzando una classe come la borghesia italiana che in quattro secoli ha creato i due più importanti movimenti conservatori d'Europa, cioè la controriforma e il fascismo...
Scrisse in una lettera ad una amica: " ormai su di me c'è il segno di Rimbaud, o di Campana o anche di Wilde, ch'io lo voglia o no, che gli altri lo accettino o no. È una cosa scomoda, urtante e inammissibile, ma è così; e io, come te, non mi rassegno... Io ho sofferto il soffribile, non ho mai accettato il mio peccato, non sono mai venuto a patti con la mia natura e non mi ci sono neanche abituato. Io ero nato per essere sereno, equilibrato e naturale: la mia omosessualità era in più, era fuori, non c'entrava con me. Me la sono sempre vista accanto come un nemico, non me la sono mai sentita dentro. La vita sessuale degli altri mi ha sempre fatto vergognare della mia: il male e' dunque tutto dalla mia parte? Mi sembra impossibile. Comprendimi, Silvana, ciò che adesso mi sta più a cuore è essere chiaro per me e per gli altri: di una chiarezza senza mezzi termini, feroce. È l'unico modo per farmi perdonare da quel ragazzo spaventosamente onesto e buono che qualcuno in me continua a essere... Ho intenzione di lavorare e di amare, l'una cosa e l'altra disperatamente..." 


Pasolini era un fervido sostenitore dei valori  nati nel nostro paese dalla guerra di  Liberazione dai nazi-fascisti, conquista che fu determinante per lo sviluppo democratico dell’Italia attraverso la nascita della Costituzione e dei diritti che questa carta tutela. Il poeta di Casarsa, che aveva conosciuto direttamente i protagonisti di questa straordinaria pagina della storia italiana (contadini, operai, donne, giovani appartenenti agli strati più poveri del paese), vide compiersi sotto i suoi occhi quello che egli definì “il genocidio”, ossia l’annientamento di larghe zone della società, a causa della forma di neo-capitalismo detta “consumismo”, momento che culminò in Italia nei primi anni ’60 col cosiddetto “boom economico”. Pier Paolo Pasolini ha lasciato alla società civile e, in particolare, a quella italiana, un debito che difficilmente verrà saldato. Colpevolizzato e tradito durante la sua esistenza, emarginato e condannato dalla persecuzione piccolo-borghese (attraverso “armi” come polizia e magistratura collezionò un numero impressionante di condanne penali per presunte offese alla religione di Stato e al comune senso del pudore, oltraggi che, secondo i suoi persecutori, erano contenuti nelle sue opere a carattere letterario e nei suoi film)...al funerale c'era gente senza volto, c'erano  gli amici e i colleghi di Pasolini, gli intellettuali a cui era legato da una sincera stima reciproca... non  politici.




Il suo assassinio, avvenuto nel 1975, non gli consentirà di assistere alle conseguenze del disastroso terremoto del Friuli (1976), e del successivo processo di ricostruzione, che segnò l'avanzata di quella modernità così osteggiata dal poeta e il definitivo declino del mondo contadino friulano da lui amato e celebrato in tante poesie. Casarsa riannoda il legame con il poeta-intellettuale che l’ha resa celebre solo dopo la sua morte: ai funerali, celebrati nella chiesa di Santa Croce dall’amico David Maria Turoldo, sacerdote e poeta vicino, come lui, alla causa degli ultimi, furono in oltre diecimila ad accogliere le spoglie di Pasolini, che ora riposa nel cimitero cittadino accanto alla madre Susanna e al fratello Guidalberto.








Perché: fin che l'uomo sfrutterà l'uomo, fin che l'umanità sarà divisa in padroni e in servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo é qui.
                                                                
                                                                     "il grande uomo Pasolini"




Finisce qui il mio viaggio di parole in parole... sull'uomo Pasolini... Un uomo controverso ma irripetibile, un uomo d'intelletto... arso dal fuoco del suo cuore... pieno di passione... e di sentimento per la vita...


Δευτέρα 21 Ιανουαρίου 2013

Rosso... Nero... un modus vivendi....

ROSSO......NERO

un modus vivendi
Il colore è l'espressione di una virtù nascosta”(Marguerite Yourcenar)



Non fatevi ingannare dal titolo... non c'entrano nulla Stendhal... Edgar Allan Poe... Verga... Pasolini... Pirandello... succede... di sentire dentro indomite e incontrollate sensazioni, emozioni... più o meno come camminare senza pensare... e allora ti perdi... e ti vengono in mente 2 colori... il Rosso e il Nero... e allora la favola comincia... e le dita scrivono più veloce della tua mente del tuo cuore... succede...


...E se fossi nata... prima di Te... prima della mia assenza...? Chiede Nero al Rosso... il mio Rosso... carico di paure... di passioni... di sogni... "- giovane è il tempo... mia cara Nero... mi disse a denti stretti... al di là delle parole... di musiche che nascono e crescono... al di là del gelo del mondo... e del passo dei vecchi -" gggrrrrr... il Rosso... si ostina ad avere il controllo su tutto... questa è una cosa che mi fà imbestialire... e lui lo sa... sembra che goda del fatto che riesca a intimorirmi... innervosirmi... ancora dopo tanto tempo... il mio bellissimo e dominante Rosso...


Opsss... credo che Rosso abbia... sentito il mio pensiero... mi guarda con i suoi occhi dolci... penetranti... severi... poi inclina la testa come per osservarmi da un'altra angolazione... mi prende la mano e mi avvicina a lui... e nell'orecchio mi sussurra... Nero... Nero... sei così leggera dentro... si dentro... "-perché mi guardi così chiesi?-"... il Rosso rispose... "-perché non esiste nulla in questo momento che valga la pena di essere visto... più di te-".


      
                                                                 
Questi due colori così profondi... sensuali, uguali nell'anima ma profondamente diversi... il colore assume un significato molto importante anche in ambito letterario. Se in campo artistico il colore è essenzialmente presente perché fa parte dell’opera, in letteratura diventa la chiave di lettura capace di trasmettere tutti gli stati d’animo, le emozioni, i ricordi e i desideri degli autori. Gli scrittori utilizzano il colore per creare delle unioni e delle corrispondenze tra i sensi, o raffigurare con metafore aspetti e situazioni del reale.
Il tema del colore quindi, è stato nel corso dei secoli un elemento di stimolo non solo nell'immaginario culturale e figurativo, ma anche nella dimensione della quotidianità con complesse valenze simboliche ed espressive, trasferite molto spesso nella dimensione creativa del testo letterario.
Giovanni Pascoli, ad esempio, attraverso le descrizioni cromatiche delle sensazioni che possono comunicare i fiori è stato in grado di generare emozioni e conferire molteplici significati simbolici alle cose attraverso il colore. In “Digitale purpurea” e nel “Gelsomino notturno”, il colore rosso diventa il simbolo della tentazione, della trasgressione capace di evidenziare con forza la carica passionale.


I colori di Flaubert... invece sono disarmanti... vorrei farveli capire, vedere tramite "Madame Bovary"... e nello specifico... nel personaggio di Emma...
Il rosso e il nero nel romanzo corrispondono ad una simbologia cromatica, diffusamente riconosciuta, basata su associazioni di idee. Il rosso infatti significa passione, amore, adulterio; è colore lussurioso, che imporpora le gote di Emma (da giovinetta ai Bertaux come da adultera alla Huchette); è colore principe dell'alcova matrimoniale e non. Il passo seguente ne fornisce un ottimo esempio:
"Le lit était un grand lit d'acajou en forme de nacelle. Les rideaux de levantine rouge, qui descendaient du plafond, se cintraient trop bas du chevet évasé ; et rien au monde n'était beau comme sa tête brune et sa peau blanche se détachant sur cette couleur pourpre, quand, par un geste de pudeur, elle se fermait ses deux bras nus, en se cachant la figure dans les mains..."
Il rosso, moltiplicato dalle tende di levantina che scendono dal soffitto giù in basso, sembra fatto apposta per l'intimità della passione così come il nero sembra preparare il lettore al tragico finale della storia affiorando sempre più - in semplici descrizioni come anche in metafore e in funesti presagi - nella terza ed ultima parte del romanzo. Qui Flaubert spoglia la sua eroina di tutti i colori vivaci che ha indossato nelle prime due parti per metterne in risalto il pallore grazie a sfondi, vestiti e veli neri fino alla scena della morte di Emma:
"Il fallut soulever un peu la tête, et alors un flot de liquides noires sortit, comme un vomissement, de sa bouche."
Ne L'Education sentimentale il nero colora spesso le vesti di Madame Arnoux:
"L'effet de l'apparition de Marie Arnoux est immédiatement nié par la disparition du désir de possession physique." 
Come non legare questa sorta di messa a morte del possesso fisico al colore nero? Questo nesso viene evocato esplicitamente in un passo del romanzo:

Il était empêché, d'ailleurs, par une sorte de crainte religieuse. Cette robe, se confondant avec les ténèbres, lui paraissait démesurée, infinie, insoulevable ; et précisément à cause de cela son désir redoublait. Mais, la peur de faire trop et de ne pas faire assez lui ôtait tout discernement...
Attraverso l'immagine delle tenebre, viene resa cromaticamente l'impossibilità da parte di Frédéric di soddisfare il desiderio della carne: ciò che vivono i due protagonisti del romanzo è, secondo Leclerc, una sorta di adulterio platonico, sancito dall'eccesso di passione...




Ogni colore secondo Vasily Kandinsky, pittore astrattista russo che visse tra il 1866 e il 1944, possiede un suono che è possibile percepire grazie all'anima. Un'artista crea un'opera guidato da una necessità interiore che lo spinge a scegliere determinati colori creando quindi una sinfonia nuova ed irripetibile; come Kandinsky spiega ne "Lo spirituale nell'arte".
Il colore viene principalmente usato nella pittura, l'arte che riesce meglio ad esprimere l'incontro tra il colore stesso e la forma; quest'ultima può contribuire alla creazione di un nuovo suono. A differenza della pittura o della musica, la scrittura non è in grado di esprimere questi suoni con la stessa intensità: essi appaiono sbiaditi e flebili. Kandinsky scrisse: "Le tonalità cromatiche, come quelle musicali, hanno un'essenza più sottile, danno emozioni più sottili, inesprimibili a parole. Per questo le parole sono e restano accenni, segni abbastanza esteriori dei colori".
Il colore nella scrittura è sempre associato ad un oggetto o ad un'emozione in modo da renderli più vividi nella mente del lettore.
Un autore che utilizzò questa tecnica fu Georg Trakl. Egli, come Kandinsky, capì che ogni colore suggerisce un'emozione o uno stato d'animo e quindi un suono che fa vibrare l'anima del lettore come se guardasse un dipinto o ascoltasse una sinfonia. Nonostante l'affermazione di Kandinsky, Trakl trovò il modo di far giungere all'anima del pubblico dei suoni chiari e distinti creando armonie uniche.



Questo poeta austriaco visse dal 1887 al 1914 e la sua produzione artistica è formata da un centinaio di componimenti. La sua vita influenzò molto le sue opere: un difficile rapporto con i genitori, la
dipendenza dalla droga, il rapporto incestuoso con la sorella Grete e la prima guerra mondiale sono i temi principali delle sue poesie. Trakl utilizzò il colore come mezzo di comunicazione con il lettore; l'elemento cromatico cattura immediatamente l'attenzione rendendo partecipe chi legge degli avvenimenti descritti dal poeta. In particolare alcune poesie sono caratterizzate da una forte presenza del colore; ad esempio il seguente componimento intitolato " Concertino".

Un rosso che ti scuote come in sogno:
Il sole che attraversa le tue mani.
Senti il cuore impazzito dalla gioia
Prepararsi in silenzio ad un'azione.

..............................


 
Ogni colore suggerisce un suono diverso ed una diversa reazione.
Il rosso agisce sull'interiorità in modo molto vivace. Esso è il colore delle passioni profonde come il suono al quale corrisponde. Questa tinta potrebbe essere paragonata al suono grave di un violoncello ma, se resa più chiara dal bianco, diventerebbe più acuta come il suono del violino; mentre sarebbe una tuba se venisse aggiunto del nero. In questa poesia il rosso è un violino che irrompe con la sua intensità capace di scuotere anche in sogno.

 


Georg Trakl è un poeta che cerca di rappresentare la realtà, o la sua realtà interiore, mostrandola in tutta la sua crudezza, senza tralasciare il minimo dettaglio. Le immagini che l'autore ci propone sono istantanee, la mente le visualizza rapidamente ed i colori che tingono immediatamente ogni oggetto e persona producono un suono che, mescolato ad altri, crea una sinfonia udibile solamente dall'anima.
Questo è il caso della seguente poesia: "In riva alla palude".


In riva alla palude

Viandante al vento nero; piano mormora il secco canneto
Nella pace della palude. Nel cielo grigio
Passa uno stormo di uccelli selvatici;
Volando di sbieco su foschi acquitrini.

Tumulto. Da una capanna cadente
Svolazza con ali nere putredine;
Storpie betulle sospirano al vento
....................................................

Qui il nero rappresenta qualcosa di spento, di immobile. Musicalmente è la pausa finale: dopo questa non si avverte più nessun suono. Se il colore è apposto su una superficie nera allora quest'ultimo acquista forza e vigore ed il suono è più vibrante che mai.
Il vento nero è un presagio di sventura, di morte; infatti soffia in un luogo in cui tutto è in putrefazione.


Hesse invece... esprime un senso di solitudine spirituale, spesso temperato dalla saggezza e dal misticismo della
filosofia orientale.
Le sue opere sono impegnate a propagandare
un profondo rinnovamento dell’uomo... dove possa ricomporsi in un’armoniosa unità l’eterno contrasto tra natura e spirito... fra istinto e ragione. In Garofano il rosso è il colore dell’amore e della passione.

Garofano
Garofano rosso fiorisce in giardino,
irradia profumi d’amore,
non vuole dormire, non vuole aspettare,
un impulso, uno solo, ha, il garofano:
più in fretta, più ardente e selvaggio fiorire!
E vedo una fiamma rifulgere viva,
e il vento ne attizza il rossore,
e lei trema, lei palpita di desiderio,
un impulso ha la fiamma, uno solo:
più in fretta, più in fretta bruciare e finire!
O tu nel mio sangue, nell’intimo mio,
che vuole il tuo sogno, tu amore?
Non vuoi scorrere in piccole gocce,
in fiumane, in schiumanti maree tu vuoi solo
dissiparti, esaurirti, morire!

Con Cesare Pavese abbiamo l'intuizione del reale attraverso il colore... lui scrisse... "il colore "vivo" del papavero non è un sogno... ma un segno efficace della realtà del vivere"... Il proprio della contemplazione è invece di fermarsi al sentimento diffuso e vivace che sorge in noi al contatto con le cose"... dapprima l’intuizione della realtà lascia lo scrittore ammirato, sorpreso, desideroso di vivere in maniera sana e forte; successivamente l’elaborazione interiore però vela di ombre e di incertezze, di dubbi e di fragilità questa intuizione iniziale... qui si gioca anche il senso dell’espressione artistica di Pavese. C’è un racconto dal significativo titolo di "Vocazione"... che inizia così: "Ricordo quanti papaveri si vedevano dalla finestra nella campagna, e quelli non me li ero certo sognati. Colori così vivi non si sognano e poi ho sempre osservato che di un sogno non si ricordano i particolari inutili". L’immagine vivida di questa... cosa vera... gli comunica un senso incrollabile di fiducia.

Ma... non è mai la morte a vincere il destino...  quando cala il sipario ed è finito il gioco...  anche i pensieri divengono farfalle...
La poesia nasce dal sentimento umano e desta i sentimenti, le passioni, i ricordi... sogni ed ogni altro sentimento della condizione umana... ogni poeta ha scritto in maniera diversa grazie alla sua inclinazione personale o al periodo storico a cui è appartenuto.
Il colore nelle poesie è stato amato... disprezzato... ignorato o addirittura esaltato... ha servito il poeta nella descrizione dell’oggetto del suo desiderio, di una visione, di un paesaggio, di un odore, di un amore e persino di un dolore.
I termini cromatici non sono stati utilizzati da tutti i poeti... alcuni non se ne sono serviti affatto... credo di poter affermare, dopo questa  ricerca, che i migliori “coloristi poetici” sono stati sicuramente i simbolisti francesi, benché, nessuno come Rimbaud, ne ha fatto un uso così vasto; infatti, il colore nelle sue poesie, vive in una sorta di ubriacatura cromatica sinestetica degna del suo stesso autore.



Il tema della luce e del colore è una struttura portante della poesia di Rimbaud ed è presente fin dalle primissime esperienze poetiche...  la valorizzazione dell'elemento analogico, grazie all'intervento liberatorio del colore... attua in tal modo quella che potremmo chiamare una "dilatazione delle cose e del reale logorato dall'usura buia e triste dell' atteggiamento quotidiano..."


           UNA STAGIONE ALL' INFERNO                                         
                        UN TEMPO, SE MI RICORDO BENE

"Un tempo, se mi ricordo bene, la mia vita era un festino in cui tutti i cuori si aprivano, tutti i vini scorrevano.
Una sera, ho preso la Bellezza sulle mie ginocchia. -E l'ho trovata amara-. E l'ho ingiuriata.
Mi sono armato contro la giustizia.
Sono fuggito. O streghe, o miseria, o odio, a voi è stato affidato il mio tesoro!
Riuscii a far svanire nel mio spirito tutta la speranza umana. Su ogni gioia per soffocarla ho fatto il balzo sordo della bestia feroce.
Ho invocato i carnefici, per addentare, morendo, il calcio dei loro fucili. Ho invocato i flagelli per soffocarmi con la sabbia, il sangue. La sventura è stata il mio Dio. Mi sono disteso nel fango. Mi sono asciugato al vento del delitto. E ho giocato dei brutti tiri alla follia.
E la primavera mi ha portato l'orribile risata dell'idiota.
Ora, proprio di recente, sul punto di fare l'ultimo crac! ho pensato di ricercare la chiave del festino antico, dove avrei forse ritrovato l'appetito.
La carità è questa chiave. - Questa ispirazione prova che ho sognato!
«Resterai iena ecc...» ribatte il demonio che mi incoronò di così amabili papaveri. «Raggiungi la morte con tutti i suoi appetiti, e il tuo egoismo e tutti i peccati capitali».
Ah, ne ho avuto fin troppo: - Ma, caro Satana, te ne scongiuro, una pupilla meno irritata! e in attesa delle piccole vigliaccherie in ritardo, per voi che amate nello scrittore l'assenza delle facoltà descrittive o istruttive, stralcio questi pochi turpi foglietti dal mio taccuino di dannato".

Qui i colori rosso e nero... non sono dichiarati... ma notevolmente... impliciti.


Jelena Todorovic
                                                               
...Ma come in un perfido gioco... qualcuno definisce il nero, non un colore, ma l'assenza di un colore, il colore "della non vita"mentre io lo considero l'essenza di colore... (così come il bianco racchiude tutti i colori)... quindi è colore...

Il Nero... è usato nel descrivere il pelo (Levitico 13:31), i capelli (Matteo 5:36), i cavalli (Zaccaria 6:2, 6), la pelle (Giobbe 30:30) e il sole (Rivelazione 6:12). In Rivelazione 6:5, 6 il cavallo nero rappresenta la carestia. Le Scritture menzionano anche il “marmo nero” e il “belletto nero”... Ester 1:6; Geremia 4:30.

Il Rosso molto vivace, menzionato in riferimento a filo, corda, panno e vesti, nonché ai peccati. (Genesi 38:28, 30; Numeri 4:8; Giosuè 2:18; Geremia 4:30; Matteo 27:28; Isaia 1:18) La “bestia selvaggia” descritta in Rivelazione 17 è di colore scarlatto (versetto 3), cosa che la distingue dalla “bestia selvaggia” del capitolo 13. La meretrice che siede sulla bestia selvaggia di colore scarlatto è vestita di porpora e scarlatto. (Rivelazione 17:3-5) Perciò la visione simboleggia vividamente le pretese regali della “bestia” e il lusso e la regalità della donna che la cavalca. Nelle icone il rosso viene utilizzato come simbolo della materialità che colui che è raffigurato ha avuto prima della sua morte e dell'eventuale ascesa al cielo quindi i colori riprendono il simbolismo del contesto in cui l'uomo li usa...
Quindi arriviamo alla semantica... lo studio del significato... e alla semiotica lo studio dell'interpretazione... ma questa è un'altra storia...


Il riso sulla sua bella faccia pareva l'arcobaleno...
e io la (lo)  baciai ancora.
(Italo Svevo)


Gaelic Storm - Black is the colour

                                                          Jimmy James and the Vagabonds - Red Red  Wine


"Se poi, tra coloro che si soffermeranno su queste pagine... vi fosse un nero cherubino... pronto a sentenziarmi"... tratto dal "Dono" di Schopenhauer... dovrei arrivare a Kant e al  divino Platone... ma mi fermo qui... dedicandolo a mio padre... e a chi come lui... vede la vita a colori...